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La storia di Ema e l’impegno per i giovani

La storia di Ema e l’impegno per i giovani

Gianpietro Ghidini, dalla tragica morte del figlio, gira l’Italia tenendo incontri per aiutare ad abbattere il muro che spesso si crea tra genitori e figli adolescenti

Questa è la storia di Ema (Emanuele), un ragazzo di 16 anni che la notte del 23 novembre 2013 si lanciò da un ponte di Gavardo per finire inghiottito dalle acque fredde e agitate del fiume Chiese. Perse la vita sconvolgendo per sempre la sua famiglia e l’intera comunità.

Da allora il padre, Gianpietro Ghidini, dopo avere elaborato il dolore più terribile che può provare l’anima, il cuore e la mente di una persona, ha iniziato a girare ogni angolo di Italia, soprattutto facendo tappa nelle scuole e incontrando migliaia di persone, allo scopo di aiutare i giovani e dare consigli per migliorare il rapporto tra genitori e figli anche con il supporto di esperti.

Ha creato la Fondazione “Ema Pesciolino Rosso” che promuove diversi progetti, come “Ali spezzate” a sostegno di don Roberto, un prete di Roma, che aiuta tanti ragazzi in difficoltà per storie di droga e miseria. Ha passato alcuni anni alla Stazione Termini di Roma ad assistere ragazzi che si erano persi e che non vedevano speranza.

Il nome della Fondazione deriva dal fatto che nel 2003, dieci anni prima della tragedia di Gavardo, nello stesso punto in cui Ema è volato via, era stato liberato un suo pesciolino rosso.

Gianpietro Ghidini ha ampiamente superato i 740 incontri con genitori e figli. A fine febbraio ha fatto tappa pure a Magenta, alle porte di Milano, dove ancora una volta ha raccontato il dramma del 2013 e la sua reazione di uomo e di padre.

La notte del 23 novembre 2013, Ema aveva accettato di provare delle droghe sintetiche nel corso di una festa con amici maggiorenni. Si era sentito subito male. Nella strada del ritorno a casa qualcosa lo turbò così tanto da fargli perdere la ragione e spingerlo a gettarsi giù dal ponte.

La missione del padre è di portare ovunque una testimonianza di vita ed aiutare ad abbattere il muro che spesso si crea tra genitori e figli adolescenti, sviluppando per questi ultimi attività ed idee innovative, con il supporto di imprenditori ed esperti.

«Questo dolore per la perdita di mio figlio oggi mi sta rendendo una persona migliore. – ha affermato Ghidini a Magenta – Come diceva Gandhi “l’uomo è uno scolaro e il dolore è il suo maestro”. Dal dolore possiamo imparare e porci delle domande sullo scopo della nostra esistenza. Qualche giorno prima della tragedia, semplicemente guardando mio figlio, mi ero accorto che qualcosa non andava. Ma non avevo tempo, sempre preso dagli impegni. Ema adesso non c’è più. Non si può vincere il dolore ma si può trasformare. Ho deciso di dedicare la mia vita ai giovani. Questa è stata la mia reazione».

Il papà di Ema ha poi aggiunto che si vive in una società troppo materialista, dove si fatica e si rovinano perfino i rapporti familiari per avere dei beni che non servono a trovare la serenità, che è tra le cose più importante della vita, insieme alla verità e alla capacità di perdonare per dissolvere la rabbia che è tanto potente quanto nociva. Migliorare il rapporto tra genitori e figli è possibile, così come si può migliorare la qualità della vita fondandola su valori sani.

Danilo Lenzo
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