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Belletta, un regista magentino a New York

Belletta, un regista magentino a New York

Storia di un giovane milanese che per coltivare le sue passioni si è trasferito a New York

Continua con successo il percorso americano del regista magentino Matteo Belletta. È un promettente professionista di 29 anni che dopo il diploma al liceo scientifico “Donato Bramante” di Magenta ha deciso di coltivare la sua passione per il cinema all’estero, dove ha potuto da un lato avviare un processo di formazione continuo e di alto livello, dall’altro realizzare grandi progetti in un modo competitivo. Lo abbiamo intervistato per saperne di più sulla sua storia umana e professionale.

Sei cresciuto a Magenta, dove hai frequentato il liceo “Donato Bramante”. Quando è nato l’amore per la regia, come lo hai coltivato e cosa ti ha poi spinto a trasferirti in America?
«L’amore per la regia è nato qui in America quando sono arrivato. Invece, l’amore per il cinema l’ho sempre avuto. Mi ricordo che anche guardare i cartoni Disney da bambino era sempre un momento speciale per me. Il mio grande sogno era diventare un attore. Ho studiato teatro per circa un anno a Milano prima di trasferirmi in Australia, dove ho cercato di iscrivermi ad una scuola per diventare attore, ma costatava troppo. E così ho deciso di provare a Londra ma non ha funzionato e alla fine mi sono spostato a New York. Ho pensato, visto che non posso studiare, mi scriverò da solo le sceneggiature.
Pian piano ho realizzato che in realtà non mi interessava molto recitare, ma creare il film da zero. È così che ho capito che quello che volevo davvero era stare dietro la telecamera. Come regista, come direttore della fotografia, come montatore o come colorist. Non mi importa tanto il ruolo, mi piacciono tutti».

Vivi a New York. In che cosa ti sei specializzato e quali sono le esperienze professionali più significative che hai maturato fino a questo momento?
«Vivo in questa città da ormai sei anni, con la mia ragazza. Mi sono specializzato nella fotografia come direttore della fotografia, nel montaggio e di recente come colorist. Sono ruoli fondamentali e ognuno di questi porta qualcosa di nuovo e di essenziale al lavoro finale. Ma colorist è uno dei ruoli più belli e più complicati che abbia avuto perché richiede anche una elevata dose di responsabilità. In questa veste, infatti, sono responsabile per tutto il look del film/video che è fondamentale perché detta il mood. Si possono avere immagine bellissime, ma se il colore non funziona, tutto il film crolla.
Come esperienze personali più significative segnalo: writer, director per “The painting” (il mio cortometraggio); colorist per “The Outset” con Scarlet Johannson; colorist for Spotify con “Romeo Santos”; colorist per “White Caste” con Fat Joe; colorist for Florida’s Natural; ho poi girato per il regista Michele Diomà featuring James Ivory.
Per arrivare a lavorare su progetti del genere mi ci sono voluti anni e anni. Il livello di competizione in America è decisamente alto e il livello della gente con cui lavoro è decisamente top. Ecco perché posso affermare che sono molto orgoglioso di aver avuto la possibilità di lavorare su progetti di questo calibro».

Come hai vissuto il periodo della pandemia?
«Ci sono stati alti e bassi. All’epoca lavoravo già nello studio di casa e, di conseguenza, a livello lavorativo non è cambiato molto per me. Per qualche mese c’è stato meno lavoro ma il calo non è stato eccessivo. A livello più personale, come è accaduto in ogni parte nel mondo, ammetto che all’inizio si è avvertita un po’ di paura dell’ignoto, poi col tempo ci siamo un po’ tutti adeguati».

A che cosa stai lavorando per il 2023? Che progetti hai in cantiere?
«In cantiere ci sono moltissimi progetti che purtroppo non posso rivelare quali siano per motivi di copyrights. Sto anche lavorando a due nuovi cortometraggi che ho scritto. Ma siamo ancora lontani dalla produzione».

Oltre al lavoro come ti sei ambientato a New York? Che tipo di vita conduci? Hai stretto dei legami di amicizia?
«New York è sempre fantastica. Non mi posso lamentare. Ho tante amicizie anche se non hanno la stessa profondità di quelle d’infanzia a Magenta. Il lavoro non manca mai, c’è sempre qualche nuovo progetto con amici e colleghi. La mia vita gira principalmente attorno alla carriera e qualsiasi momento libero lo utilizzo per imparare cose nuove».

Nei tuoi progetti a lungo termine c’è anche un possibile ritorno in Italia? Non ti mancano Magenta, la famiglia e gli amici dell’infanzia?
«Prima o poi tornerò in Italia, probabilmente quando non avrò più nessun progetto che voglia fare. Per adesso ho troppo lavoro ancora davanti a me».

L’Italia è un Paese per giovani? C’è spazio per chi come te vuole coltivare al meglio il proprio talento e lavorare in modo professionale?
«Non saprei. Non conosco molti filmmaker che vivono in Italia. Ma sono convinto che se uno vuole, lo spazio per coltivare il proprio talento uno lo trova».

Vuoi darci le tue coordinate, dove poter seguirti in rete e vedere anche qualche tuo lavoro?
«Certamente. Ecco due siti da visitare: www.matteobelletta.com (il mio personale) e
www.goodco.tv (quello della mia compagnia)».

Danilo Lenzo
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