L’esperienza dell’associazione BIR in collaborazione con “Camminare Guarisce” e i servizi sociali
Il viaggio
“Io domani continuo anche da solo”.
Era il penultimo giorno di un viaggio: un cammino che durava da una settimana. Quel giorno aveva iniziato a piovere, e le previsioni davano pioggia anche per il giorno seguente. C’erano 6 persone in viaggio.
Il gruppo discorreva sulla scelta da prendere, tutti ormai decisi ad interrompere il cammino prima della fine.
R. se ne stava in un angolo in disparte, quasi assente. Lui non sopportava la pioggia, ma, ad un tratto: “… ho iniziato questo percorso e lo voglio finire”. Tutti si girarono verso di lui, e la scelta fu presto fatta: il giorno dopo si partì per l’ultima tappa, tutti insieme. E quel giorno, a differenza di quanto preannunciato dal meteo, fu una giornata di sole.
R. era quello che a quel viaggio ci aveva creduto di più: i suoi occhi dal primo giorno erano pieni di candore, sgranati davanti alla bellezza delle piccole sorprese che il cammino offriva: un covone su cui poter arrampicarsi, un fiore nascosto, un piatto di pasta offerto quando meno ce lo si aspettava.
Lunghe chiacchierate, pensieri al passato, sogni rivolti al futuro, la fatica di aspettare e di farsi aspettare dai compagni di viaggio.
Il primo giorno era stata una sorta di iniziazione: Andrea Polidoro, dell’associazione di camminatori “Camminare guarisce”, che li aveva accolti lungo quel percorso attorno al lago Trasimeno, gli aveva regalato un braccialetto del Cammino di Santiago: R. lo aveva legato alla caviglia, con l’obiettivo di portarlo alla fine del suo cammino, ma non del cammino sul lago, bensì fino alla fine di quello di Santiago, che aveva già deciso di intraprendere.
Ed è così che accadde, perché R., dopo quel primo cammino, è rimasto in viaggio.
L’associazione BIR e l’esperienza nelle carceri minorili
Il cammino è stato organizzato dall’associazione BIR, in collaborazione con l’associazione “Camminare guarisce” e i servizi sociali. Tra i 6 viaggiatori, ci sono 3 educatori, un laureato in Filosofia, un membro di “Camminare guarisce”, e R., un ragazzo minorenne. Il programma educativo prevede di camminare per una settimana lungo un percorso di 160 km, divisibile in tappe da 20 km l’una, attorno al lago Trasimeno.
Giordano Minotti, uno degli educatori volontari di BIR, ci racconta la nascita del progetto e i suoi obiettivi.
“BIR ha svolto diversi progetti ludico-educativi nei carceri minorili in Romania, dove prevale ancora molto un approccio punitivo. In Italia, da alcuni anni collaboriamo con il Carcere minorile Beccaria, proponendo attività ludico-educative. All’interno del Beccaria sono numerose le azioni educative volte ad intercettare il bisogno e la volontà di cambiamento dei ragazzi. Tuttavia, la percezione è che l’ambiente stesso del carcere renda difficoltoso l’avvio di un reale processo di cambiamento, e il tasso di recidiva resta alto”.
Sorge così il desiderio di ovviare alle limitazioni insite nel sistema carcerario.
L’incontro con Fabrizio Pepini: il ruolo positivo del camminare in un processo di cura
Un giorno, Sandra Valente, volontaria di BIR, viene a conoscenza dell’esperienza di Fabrizio Pepini e lo contatta. Nel 2011 Fabrizio scopre di avere un tumore al sistema linfatico. Costretto a letto, gli danno dai tre mesi ai due anni di vita. Un suo amico, che va a trovarlo spesso in ospedale, lo avvisa che per un mese si assenterà, perché ha deciso di iniziare il cammino di Santiago de Compostela. Fabrizio, ormai rassegnato, pensa: “Ma perché, appena finito questo giro di cure, non mi aggrego anche io?” Sono passati 8 anni da quel momento, e Fabrizio continua a camminare, alternando ai suoi cammini la terapia ospedaliera.
Fabrizio nel frattempo ha dato vita all’associazione “Camminare guarisce”, che si basa sul riscontro positivo del ruolo che il camminare può avere nel supporto alla crescita personale e ai processi di cure.
Si legge sul sito dell’associazione: “Il cammino ci mette semplicemente e con commuovente discrezione nelle condizioni ideali perché ognuno possa fare il proprio personale viaggio, e ci regala nel lento passo dopo passo, le cose e le persone di cui abbiamo bisogno!
L’associazione “Camminare guarisce” si prefigge quindi di diffondere questo messaggio potente e di promuovere iniziative di cammino indirizzate a persone che, attraverso il cammino, possano affrontare a piedi ciò che nelle loro esistenze è difficile, doloroso, faticoso.
Desideriamo inoltre promuovere la cultura del cammino, quale modo di intendere la vita più sobrio, più semplice, attento alle relazioni umane, alle cose che contano, ai valori che ci fanno vivere veramente, e favorire spazi di condivisione, di incontro, di convivialità e di amicizia”.
È da qui che sorge l’idea di Sandra: e se creassimo un percorso educativo all’esterno del carcere, basato proprio su quest’ottica del cammino?
Il cammino come percorso educativo e di creazione di una nuova identità
Il continuo cambiamento dei paesaggi e delle persone che si incontrano lungo un cammino, aiuta infatti a lavorare sulla propria persona che non viene più vista all’interno di una struttura definita, di un ruolo già acquisito (ad esempio il “colpevole” o l’“educatore”) in un determinato contesto. Variare contesto di riferimento, infatti, è la possibilità di ricercare e ridefinire la propria identità, sperimentarsi come qualcuno di diverso, senza sentirsi predeterminati verso uno specifico tipo di vita. Si supera la relazione già definita “curato-curante”, per aprirsi alla logica dell’incontro e della condivisione di esperienze di vita.
Sentire poi racconti di vite diverse, permette di vedere nuove possibilità anche per la propria vita, diverse da quelle conosciute fino a quel momento.
Il ritmo lento del camminare, le lente variazioni del paesaggio, la fatica del corpo, favoriscono inoltre un lento lavoro interiore e il naturale fluire del pensiero e del discorso che si interroga sulla propria vita.
Se lungo questo percorso si trovano i compagni adeguatamente formati per affrontare le nostre fatiche, il gioco è fatto. Non c’è infatti la necessità di sforzarsi ad innescare dialoghi educativi ed esistenziali, che sorgono in maniera spontanea tra persone che condividono un cammino, che si lasciano interrogare da quello che accade fuori e dentro di sé.
I modelli francese e belga e l’associazione italiana Lunghi Cammini
Forti di questa idea, i membri di BIR si mettono all’opera, con il programma di dedicare un anno di lavoro alla ricerca di progetti affini e di verificare i risultati ottenuti. In Francia e in Belgio, infatti, questo tipo di progetto ha una base solida: una esperienza di anni e il riconoscimento istituzionale. Con “Seuil” e “Alba-Oikothen”, le due associazioni estere, giovani o giovani adulti in percorso penale o in situazioni esistenziali ritenute particolarmente critiche, hanno la possibilità di camminare per tre mesi lontano dai luoghi in cui hanno vissuto, supportati da educatori, con l’annullamento della pena alla conclusione del cammino.
E il tasso di recidiva pare ribaltato rispetto a quello del carcere. In Italia ci sono diverse associazioni che, ispirandosi al modello francese e belga hanno sviluppato progetti simili, come l’associazione “Lunghi Cammini”. Una delle caratteristiche di questi progetti è avviare percorsi di cammino con relazioni uno-a-uno: un educatore e il ragazzo inserito nel percorso.
BIR differenzia invece la proposta, proponendo una partenza a piccolo gruppo, per non riproporre la modalità curato-curante, ma favorire l’intreccio di molteplici e stimolanti relazioni.
L’avvio del progetto
Durante questo periodo di ricerca i membri di BIR iniziano inoltre a camminare loro stessi: come d’altro canto verificare l’apporto positivo dell’essere in cammino, se non lo si prova in prima persona?
Nonostante la mancata vittoria ad un bando per il quale si erano candidati, grazie ai contatti presi in occasione della stesura del progetto, l’associazione decide di avviare autonomamente e in forma volontaria un progetto pilota con ragazzi a piede libero. Ad essi viene anche proposto un percorso formativo prima dell’esperienza.
A partire dai 4 ragazzi che dovevano partecipare, il progetto, per una serie di incidenti di percorso, si concretizza per un solo ragazzo. La meta, il percorso circolare di 160 km lungo il lago Trasimeno, è stato scelto perché lungo il percorso sono presenti diversi collegamenti con strade percorribili da automobili. La tratta è infatti pensata dall’associazione “Camminare guarisce” come percorso salute, e questa caratteristica la rende idonea ad eventuali difficoltà che possono sorgere durante lo sviluppo del progetto, della durata di una settimana.
Gli sviluppi del progetto
Dopo il progetto pilota, l’associazione ha condotto altri percorsi simili. Per il futuro si pensa di creare esperienze non standardizzate ma costruite per rispondere al meglio ai bisogni delle persone che si vogliono supportare: si contempla per esempio la possibilità di proporre in alternativa all’esperienza di cammino anche l’esperienza di ospitaliere, quella figura addetta all’accoglienza dei camminatori lungo i percorsi.
Note a margine sul fumetto dell’autrice del post
** Il fumetto e la storia creati da me nascono da una libera interpretazione del progetto
** Il fumetto si segue dal basso verso l’alto, per libera scelta stilistica di coerenza col contenuto
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