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Aljezur, ecco una serie di fortunate coincidenze

Aljezur, ecco una serie di fortunate coincidenze

Cronache magentine dal Portogallo. Elsa e i suoi asinelli, la signora Fernanda alla fermata del bus, e una notte sotto le stelle in una spiaggia rossa

Sto camminando sotto il sole nella cittadina di Aljezur, quando intravedo un negozio di artigianato. Non mi fermo: sono stanca, fa caldo, sto cercando una lavanderia e la strada è tutta in salita. Una macchina si ferma davanti, poi un’altra, si incastrano e mi bloccano il passaggio nella stretta strada e non accennano a spostarsi in fretta. Di fianco a me solo il negozio di artigianato: ok, entrerò nel negozio, visto che non ho molte altre alternative.

“Appoggia pure il tuo zaino qui. Hai fame?”. Elsa è una donna sorridente, dallo sguardo sicuro e dolce. Sta dipingendo degli asinelli di terracotta su un lungo tavolo posto dietro le vetrinette espositive. Mentre la guardo, senza neanche aspettare una mia risposta mi prepara un piatto di noccioline, dell’acqua e una sedia, e mi mette a disposizione qualsiasi cosa mi occorra.

Mi siedo contenta: era proprio quello che cercavo. Mentre dipinge lentamente, inizia a raccontarmi la sua storia: un tempo impiegata, si rende conto di non essere felice, lascia tutto e si trasferisce nella piccola cittadina a dipingere e prendersi cura di un cospicuo numero di asini… che rappresenta appunto poi in terracotta.
“Mi dicevano che ero matta e non avrei combinato nulla! Ma la vita è una sola ed ecco io ora qui ho tutto quello che mi serve, lavoro con quello che mi piace e sono felice”. Trasmette tanta di gioia di vivere.
Saluto Elsa che sta chiudendo il suo negozio e mi saluta regalandomi un asinello in terracotta.

Riparto. Voglio continuare a seguire il percorso verso sud della Rota Vicentina, alternando alla camminata una parte in bus, e in particolare arrivare nel punto più a sud della tratta, Cabo Sao Vicente.

“Non ci sono autobus per Cabo Sao Vicente a quest’ora”. Ah, ok ma io ci voglio arrivare oggi.
“Quello più vicino arriva a Sagres”. Va bene, iniziamo ad arrivare lì, poi un modo si troverà.

Scendo dal bus. Una signora anziana dalla maglietta giallo limone mi si avvicina e mi chiede in portoghese qualcosa come: “Cerchi una stanza per dormire?”. No, in realtà io voglio arrivare a Cabo Sao Vicente. Lei si allontana.
Guardo l’orario, sono le 7 di sera: “Scusi, quanto costa la stanza?”, le chiedo rincorrendola. “25”. Sono un po’ troppi, lasciamo stare, penso. “Ti faccio 20”. Un po’ fuori budget, ma la signora sembra simpatica. Ok.

La stanza è grande, ci sono due letti e il bagno “tutto per me”, che, dopo praticamente un mese di tenda, mi sembra una cosa straordinaria. “Non comprare i pomodori, i miei sono più buoni”. Rimango stupita dalla generosità di Fernanda, così il nome della donna, che oltre alla stanza mi offre cibo e, come ogni nonna che si rispetti, mi dice che non ho mangiato abbastanza e mi prepara del pane tostato con burro. Parla tantissimo, convinta che io stia capendo quello che mi racconta. Mi parla della cittadina: sull’oceano, molto turistica, caratterizzata da negozi con articoli da surf e pub.
La mattina esce presto con la sua bicicletta, va alla fermata del bus.
Parte per qualche destinazione? No, “vado a guardare le persone”…
Capisco così come mai l’ho incontrata lì…

Sono finalmente pronta per raggiungere a piedi Cabo Sao Vicente, controvento purtroppo, e passare la notte sulla spiaggia, in compagnia di un gruppo di surfisti che aspettano le onde del giorno dopo, sotto una rossa scogliera di terra rossissima, con cui coloro un veloce sketch.

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