Claudio Zanoni, liutaio prossimo alla pensione, si diletta in un mestiere che ancora oggi è attivo in Italia e nel mondo
C’era una volta il mestiere del liutaio. Un mestiere antico, di prestigio, fatto di artigianalità ed estro, tecnica e uso di materie prime per lo più naturali, in primis il legno. C’era una volta… e c’è ancora: anche a Magenta è presente un artigiano.
Seppure quasi in pensione, opera oggi per diletto Claudio Zanoni, 65 anni, che ci ospita nel suo laboratorio per una piacevole chiacchierata. Siamo circondati da violini, violoncelli e parti varie per riparare o restaurare strumenti pronti a una seconda vita.
«Il mestiere lo iniziai a metà degli anni Ottanta» racconta, accarezzando una forma appena abbozzata di tavola armonica. «Desideravo costruirmi un violoncello per imparare a suonarlo, così m’interessai e m’iscrissi alla Scuola Civica di Liuteria di Milano, che frequentai per un biennio, alternando le lezioni al lavoro di tinteggiatore».
Al biennio, svolto sotto la guida di maestri affermati è seguito un apprendistato da autodidatta «che prosegue tuttora», sottolinea Zanoni, mentre ci spiega quali siano i “segreti” di un mestiere che, nato nel XVI secolo, vide artigiani assurgere al ruolo di autentici artisti, capaci di creare capolavori di tecnica in grado di esaltare il genio e l’estro di violinisti immortali come Niccolò Paganini: basti citare Guarneri, Stradivari, Amati per fare solo alcuni dei nomi più illustri.
Un mestiere, una passione, un’arte
Zanoni ha portato avanti il suo mestiere cullando l’arte della liuteria e facendola diventare un vero e proprio mestiere. «L’ho sentita progressivamente la mia vera vocazione, potendo far fuoriuscire il suono dallo strumento, entrando in esso e scoprendo un vero mondo, fatto di materiali che possono caratterizzare e valorizzare violini, viole e violoncelli», afferma.
Ma qual è il segreto per creare un buon violino e renderlo superiore rispetto a uno strumento commerciale? «Deve avere delle grandi qualità sonore, naturalmente, esprimendole al meglio. Tutto entra in gioco: il legno e gli spessori, le stesse vernici che hanno un loro ruolo importante nel rivestire lo strumento e liberare il suono. Ma è un discorso complesso, in cui entrano in gioco tanti aspetti e particolari: spessori, bombature, le effe – le aperture della cassa, per far fuoriuscire il suono – e la cosiddetta anima, un listello cilindrico posto all’interno della cassa, incastrato tra tavola e fondo: un dettaglio, certo, ma fondamentale per ottenere la migliore qualità sonora.
Il legno ha certamente una parte da protagonista: «personalmente uso per il piano armonico l’abete rosso della Val di Fiemme, che cresce nella foresta dei violini impiegata da secoli dai maestri liutai. Per fasce e fondo viene utilizzato prevalentemente acero, ma vanno ugualmente bene legno di pero, ciliegio, faggio e pioppo».
Oltre a creare, Zanoni ha riparato diversi strumenti: un manico scollato, una parte danneggiata per un incidente o deteriorata per incuria o dal tempo.
Mostra anche il telaio dove viene costruito il perimetro del violino, prima fase del lavoro: è poi il momento del fondo, che nasce da uno spicchio radiale di un tronco oppure in pieno da una tavola. Si procede scavando pian piano il legno in modo da ricavare la forma corretta e confacente allo scopo.
Un ultimo pensiero va a quello spunto iniziale da cui nacque la sua attuale passione, ovvero suonare uno strumento. «Ammetto che abbandonai la musica per mettermi in gioco nell’abilità di creare ciò che rendeva possibile l’arte di suonare». Quell’arte si è… trasferita alla figlia: talento precoce, è violinista professionista e fa parte dell’Orchestra del Teatro della Scala di Milano.
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