Nel 1986 la punk band emiliana CCCP – Fedeli alla Linea dava alle stampe l’album “Affinità – divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età”, una pietra miliare nella storia della musica alternativa italiana.

Oggi il cantante Giovanni Lindo Ferretti è tornato a vivere in montagna e periodicamente pubblica dei nuovi dischi da solista e tiene concerti. È anche cambiato diventando un cattolico radicale.

L’ultimo lavoro del 2018 si intitola “Bella Gente d’Appennino. Di madri e di famiglie” ed è stato registrato nella chiesa di San Pietro di Reggio Emilia.

Quell’album del 1986 conteneva la canzone “Io sto bene” che ha ampiamente anticipato lo stato generale in cui oggi versano molti giovani. Il ritornello ripeteva “…Io sto bene, io sto male, io non so dove stare…io non so cosa fare. Non studio, non lavoro, non guardo la tivù, non vado al cinema, non faccio sport…”.

Insomma, la canzone era un riflettore puntato sui giovani “nullafacenti” e confusi dell’epoca. Oggi a causa delle continue influenze anglosassoni nel linguaggio comune non si usa più l’espressione “nullafacenti”, bensì si parla di Neet Generation.

Neet è appunto l’acronimo inglese di “Not (engaged) in Education, Employment or Training”, che in italiano significa: “Non impegnati nello studio, né nel lavoro, né nella formazione”. In Italia ci sono ci sono quasi 2 milioni e mezzo di giovani (15 – 29 anni) che non fanno nulla. Vengono chiamati anche “gli invisibili” perché non appaiono da nessuna parte, eppure rappresentano un grande problema destinato ad amplificarsi sempre di più negli anni a venire.

È un fenomeno sociale che richiede molta attenzione. Dall’analogico siamo passati da tempo al mondo digitale, dalle fitte relazioni interpersonali alle fredde relazioni virtuali del mondo dei social ma il problema degli invisibili, dei nullafacenti, dell’esercito della Neet Generation, a parte il cambio di termini, non è stato risolto, anzi con le tecnologie è solo esploso.

Foto dal profilo Facebook di di G. L. Ferretti