Il 17enne atleta di Cassinetta di Lugagnano, neo vincitore di due medaglie d’oro ai Mondiali di nuoto paralimpico, si racconta
La sveglia suona molto presto per Simone Barlaam: dal lunedì al venerdì alle 4 del mattino. Il primo allenamento di nuoto della giornata lo attende alle cinque e un secondo nel tardo pomeriggio. Una vita nell’acqua, elemento che lega il paese dove è cresciuto e risiede, Cassinetta di Lugagnano, attraversata dal Naviglio Grande, e il suo temporaneo domicilio nella terra d’Australia, circondata dall’oceano, dove vivrà per un anno.
Del resto l’acqua è la sua dimensione preferita, il suo campo di corsa, lo spazio dove si muove veloce, tanto che gli ultimi Mondiali di nuoto paralimpico l’hanno incoronato re dei 50 e 100 stile libero. Al Mondiale messicano Simone e i suoi compagni, undici azzurri convocati in nazionale, hanno regalato all’Italia la migliore prestazione di sempre. Il ragazzo di Cassinetta è nato con un’ipoplasia del femore destro ed è stato operato 12 volte. Ha cominciato a nuotare alla piscina di Magenta e studia al Liceo Scientifico Bramante della stessa città. È atleta tesserato della Polha Varese.
Oggi il giovanissimo campione si racconta a E.comunità e lo fa volentieri, nel corso di una telefonata via Whatsapp dall’altro capo del mondo, dove soggiorna per un anno di studio all’estero, frequentando il quarto anno di liceo.
Cominciamo dalla tua giornata tipo. Com’è organizzata?
«Alle quattro suona la sveglia, alle cinque entro in vasca per il primo allenamento di circa due ore. Torno a casa, faccio colazione e mi reco a scuola. Dalle 8.50 alle 15.10 frequento le lezioni, al ritorno, mi riposo un’oretta. Poi palestra e dalle 18 alle 20 la seconda sessione d’allenamento di nuoto. Al termine ceno e dormo. Sabato mantengo i due allenamenti, ma non c’è scuola. Domenica invece mi riposo. In tutto sono mediamente 11-12 allenamenti di nuoto la settimana più sei in palestra. In vasca percorro una cinquantina di chilometri la settimana».
Veniamo alla tua esperienza ai Mondiali di nuoto in Messico. Che cosa ti ha regalato questa esperienza?
«Innanzitutto una maggiore consapevolezza di me stesso e delle mie capacità. Ma anche molte nuove amicizie con persone di varie parti del mondo. E poi certamente la serenità, finalmente, dopo la tensione che mi portavo dietro da mesi, pensando alla fatidica finale mondiale».
Cosa ti piace di più dell’elemento acqua?
«Mi piace la sensazione di esserne immerso. Svegliarsi alle quattro del mattino non è certo delizioso, ma quando sto fermo un giorno mi viene voglia di fare anche solo una nuotata. La competizione è lo stimolo ulteriore per andare avanti».
Riguardo alla disabilità, cosa può insegnare l’esempio offerto dall’Australia all’Italia?
«Innanzitutto, un cambio di mentalità e un’apertura, specialmente nei confronti del mondo paralimpico, considerato con una sorta di compatimento. In Australia, e non solo, per gli atleti paralimpici c’è una certa ammirazione. Atleti normodotati e disabili vivono un maggiore rapporto di vicinanza, allenandosi e anche gareggiando insieme; in alcuni Paesi addirittura la Federazione è unica e comprende tutti i tesserati, senza distinzione alcuna».
Come vivi la tua condizione? Ti ha in qualche modo ostacolato?
«La vivo nella più assoluta normalità. Ho avuto la fortuna di essere circondato da persone deliziose. Tendo a non considerare la disabilità come un ostacolo: mi sono sempre posto nella condizione di fare qualsiasi cosa, magari in modo diverso. Se vuoi fare una cosa, il modo lo trovi sempre».
Tuo papà Riccardo è un triatleta e uno sportivo appassionato. Ti ha trasmesso lui la passione per lo sport? Quali consigli ti ha dato?
«Sicuramente è anche merito suo se mi sono appassionato allo sport. Ho seguito anche qualche sua gara di triathlon e per un certo tempo ho provato a cimentarmi, ma ho preferito specializzarmi nel nuoto. Ma tutta la mia famiglia è sportiva; anche mia sorella Alice ha provato diverse discipline.
L’unico consiglio che mi ha dato è stato di divertirmi e vivere lo sport in modo piacevole. Sia lui che mia madre mi hanno sempre sostenuto, senza farmi alcuna pressione».
La tua settimana è certamente pesante quanto a impegni. Si può conciliare sport e studio?
«Assolutamente sì. Se uno lo vuole, in qualche modo si riesce a conciliare un po’ tutto. Certo, si sacrifica un po’ la vita sociale, anche se con gli amici mi vedo sabato sera e la domenica».
Cosa rappresenta per te lo sport?
«È più che un semplice passatempo: riempie le mie giornate, mi dà modo di conoscere persone nuove e che ti cambia in meglio. Almeno così è stato per me, mi ha reso più socievole, più aperto, oltre che più sicuro. È davvero, come scrive mio padre, una terapia per il corpo e per l’anima».
Dove trascorrerai Natale?
«Qui in Australia. Forse, se possibile, verranno a trovarmi i miei genitori con l’anno nuovo».
Domenica 21 sarai in video contatto con Cassinetta. Come vivrai questo momento?
«Immagino sarò molto emozionato perché so che rivedrò diverse persone con cui sono cresciuto e che è da un po’ che non le vedo. Mi farà quindi un certo effetto, ma sono davvero contento».
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