In attesa dell’ok per la Legge sulla mobilità ciclistica, è già in vigore quella che ridà vita alle linee ferroviarie in disuso e alla mobilità dolce
Gli amanti della bici ci sperano molto: è passata alla Camera la Legge sulla mobilità ciclistica. Una legge celebrata dal ministro delle Infrastrutture e trasporti, Graziano del Rio, come “un fatto culturale”. Lo Stato, aggiunge, assume pienamente la pianificazione della mobilità ciclistica, insieme alle Regioni. “Esattamente come il sistema autostradale o il sistema ferroviario, con questa legge la ciclabilità fa parte di una strategia di mobilità che diventa prioritaria nei centri urbani e per lo sviluppo del turismo nel nostro Paese”. Lo stesso ministro ha evidenziato che se si riesce a stimolare l’uso della bicicletta nei primi 5 km “si possono ottenere riduzione del traffico cittadino del 40%: cose che nessuna tecnologia può fare”.
In attesa che la legge passi al Senato, ce n’è una che invece in vigore lo è già: è la n.128/2017, recante “Disposizioni per l’istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico”, finalizzata a salvaguardare e valorizzare “le tratte ferroviarie di particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico, che comprendono i tracciati ferroviari, le stazioni e le relative opere d’arte e pertinenze, e dei mezzi rotabili storici e turistici abilitati a percorrerle, nonché la disciplina dell’utilizzo dei ferrocicli”. A ricordarlo sono Gioia Ghezzi e Claudia Cattani, rispettivamente presidenti FS e RFI. Lo hanno scritto nella introduzione all’Atlante di viaggio lungo le ferrovie dismesse, presentato pochi giorni fa.
Un atlante (scaricabile in pdf cliccando qui) che presenta e illustra il reticolo dei 1474 chilometri di reti dismesse FS e RFI e che presenta e spiega il significato della parola greenways. Si tratta, rifacendosi alla prima definizione ufficiale data dalla European Greenways Association, delle vie di comunicazione riservate esclusivamente a spostamenti non motorizzati, sviluppate in modo integrato per “migliorare l’ambiente e la qualità della vita nei territori attraversati”.
In Europa si stima che le greenways lungo ex-ferrovie raggiungano circa 19 mila chilometri. In Italia le linee ferroviarie dismesse o inutilizzate si snodano su 7 mila km, di cui almeno la metà ancora potenzialmente recuperabile. “A fronte di tale enorme patrimonio, le greenways realizzate in Italia su ex ferrovia ammontano ad oggi solamente a circa 800 km”, segnala lo stesso Atlante, spiegando che il patrimonio attuale è frutto di oltre 60 interventi di riutilizzo di binari “finevita”per la mobilità dolce.
Mobilità dolce cercasi
Parlare di mobilità dolce in Italia suona quasi come un controsenso: il Belpaese sconta il maggior indice di mobilità privata in Europa. Anche in tema di trasporto merci è in netto ritardo rispetto all’Europa, con l’asfalto che la fa da padrone rispetto alle rotaie. Infine, è tra i pochi Paesi europei che non dispongono ancora di un piano nazionale della mobilità ciclistica e di una rete ciclabile nazionale. Da qui l’importanza della legge varata alla Camera e in attesa di approvazione in Senato.
Che è importante non solo per dare un volto, anzi meglio uno scheletro e un futuro alla mobilità davvero sostenibile – la bici – ma anche per aprire le porte a opportunità davvero green, inclusa la possibilità di un movimento merci ecosostenibile. Nella proposta di legge si rammentava che di tutti gli spostamenti nelle aree urbane, il 60% circa riguarda il trasporto di merci. Il 42% di tutti gli spostamenti motorizzati nelle aree urbane potrebbe essere effettuato con cargo-bike a 2, 3 o 4 ruote contribuendo a spostare di fatto quote significative di traffico motorizzato verso quello non motorizzato, sviluppando nuove economie, tra cui, per esempio, la “cyclelogistics”, ovvero la mobilità delle merci in bicicletta.
Ecco che le parole del ministro Del Rio, alla luce della tanto attesa legge potrebbero davvero prendere forma: “Con i cammini, le ferrovie dismesse, le ferrovie turistiche, le ciclovie turistiche e Sistema ciclabile nazionale, lo stimolo ai Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, c’è un quadro complessivo” che sta prendendo forma. Ora, si spera, si trasformi in una realtà concreta.
Se lo auspica anche il vicepresidente della Associazione Italiana Greenways, Roberto Rovelli che nello stesso Atlante evidenzia che per ampliare le possibilità di valorizzazione dei vecchi tracciati ferroviari e, soprattutto, le potenziali ricadute economiche e sociali per le aree attraversate “è auspicabile, come avvenuto in altri paesi, l’avvio di un programma nazionale che possa finalmente coordinare e promuovere gli interventi di riuso delle vecchie ferrovie”. Ricorda come nell’ultimo decennio sono state presentate diverse proposte di legge che intendevano favorire il recupero delle migliaia di chilometri di ferrovie in disuso per la mobilità dolce. Una delle più recenti bozze puntava alla conservazione del patrimonio e della sua unitarietà e la sua valorizzazione come greenways, all’interno di un più ampio progetto di rete nazionale della mobilità dolce che mettesse a sistema le grandi infrastrutture nazionali, che oltre alle “vie verdi”, vedesse uniti cammini e ciclovie.
Mobilità sostenibile, fa bene alla salute e all’economia
Ciclisti, camminatori, turisti lo richiedono con forza. L’anno in corso, seppure al termine, dovrebbe essere l’anno buono per vedere prendere forma la Legge sulla mobilità ciclistica. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha decretato il 2017 come l’anno del turismo sostenibile.
Ma c’è un motivo in più che una speranza per fare della mobilità in bici una realtà concreta: l’economia. Al Bikeconomy Forum tenutosi proprio in questi giorni a Roma si è ricordato l’enorme indotto che ruota attorno alla bicicletta. “Solo la produzione e la vendita di biciclette e accessori in Europa ha un giro di affari che si aggira sui 18 miliardi di euro all’anno, mentre il settore del cicloturismo muove ogni anno oltre 44 miliardi di euro”. Bene, aggiungiamoci anche l’indotto che muove il turismo in cammino e ci accorgeremo della leva fenomenale che potrebbe generare questo movimento. Lento, mi raccomando…
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