Più di un milione di iscrizioni in Italia per l’auto condivisa. Un fenomeno in crescita, ma che andrebbe riconosciuto, anche in ottica di mobilità sostenibile
Il car sharing supera quota un milione in Italia. Sono, infatti, 1.080.000 le iscrizioni registrate nelle diverse società fornitrici del servizio che permette di utilizzare un’autovettura su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio, pagando una certa quota. È un dato importante specie in un Paese come il nostro dove l’auto è “sacra”, primo in Europa per tasso di motorizzazione, con 62,4 auto ogni 100 abitanti (Osservatorio Autopromotec).
L’auto di proprietà è ancora un must, ma intanto va anche segnalato che anche il noleggio è in aumento progressivo: +18% nel 2014, +22% nel 2015 e nel 2016 la crescita d’immatricolazioni ha sfiorato quota 375 mila nuove targhe tra auto e veicoli commerciali, livello record del settore. Lo segnala Aniasa, l’Associazione nazionale dell’industria dell’autonoleggio e servizi automobilistici, nel suo 16esimo Rapporto, che per la prima volta dedica una sezione al car sharing. Un fenomeno che – spiegano – si è diffuso efficacemente nelle aree metropolitane del Paese da metà del 2013 e “ha vissuto un anno all’insegna di una crescita sostenuta: non solo uno sviluppo del business in sé, ma anche del numero di operatori presenti sul mercato”.
Car sharing, identikit di un fenomeno e dei clienti
L’auto condivisa è presente in Italia in via sperimentale dal 2001-2002, anche se è appunto dal 2013 che ha cominciato a prendere piede in maniera significativa. Sono due le formule che piacciono maggiormente: il free floating, dove i veicoli possono essere ritirati e lasciati in ogni luogo all’interno dell’area coperta dal servizio, e il location base, che prevede il ritiro e la consegna in specifici punti di ritrovo della città. Venendo, invece, alle città dove il car sharing è diffuso maggiormente, Milano e Roma si spartiscono l’80% circa del business complessivo, seguite da Torino e Firenze.
E veniamo agli utilizzatori. Poco più della metà del totale iscritti è costituita da utenti realmente attivi, con almeno un noleggio effettuato nella seconda metà dell’anno, “dato da non sottovalutare perché testimonia come ci siano ancora moltissimi fruitori che si avvicinano al car sharing, senza però sfruttarne ancora pienamente le potenzialità”, nota l’Associazione: in pratica si tratta di utilizzatori saltuari, che si servono dell’auto condivisa in modo occasionale, non sistematico.
Ma sono utilizzatori che rappresentano un’area potenziale di enorme sviluppo per il settore negli anni a venire. Per contro, gli utenti realmente attivi hanno generato da soli nel 2016 ben 6,3 milioni di noleggi nelle città censite, con un +60/70% d’iscritti, e un aumento dei noleggi e della flotta del 35%. Il fruitore del car sharing è prevalentemente maschile (65% del totale degli utilizzatori) e compreso nella fascia d’età 26-45 anni, che rappresenta quasi il 60% del totale degli utenti.
Criticità e potenzialità
Il fenomeno dell’auto condivisa sconta, però, alcune criticità. Prima di tutto, osserva Aniasa, manca una definizione di “vehicle sharing” che debba necessariamente ricomprendere, sotto il profilo normativo, una categoria più ampia e diversificata, non limitandosi alla sola autovettura. “Nonostante il servizio si sia ormai consolidato da tempo nelle nostre città, altri temi da affrontare riguardano il variegato panorama contrattuale e normativo che presenta scenari differenti, a seconda delle città in cui si opera” rileva l’Associazione di Confindustria.
Non solo: “occorre rendere il perimetro legislativo di riferimento uniforme e omogeneo su tutto il territorio nazionale, sia per gli operatori privati che pubblici, creando un sistema che sia realmente di “mobilità integrata”. Di fatto, il comparto necessita di una cornice normativa di riferimento che elimini le attuali incertezze, consentendo al mercato uno sviluppo virtuoso. Andrebbe anche trovare riconoscimento di questo tipo di veicoli all’interno del Codice della Strada.
Una leva importante per una diffusione più ampia del servizio è rappresentata dall’inclusione del vehicle sharing tra i servizi di pubblica utilità, con conseguente accesso a un regime fiscale agevolato al 10% ovvero con l’introduzione di un “bonus rottamazione” da spendere in servizi di sharing per i cittadini che decidono di allontanarsi dall’auto di proprietà.
Infine, occorre potenziare le infrastrutture, prevedendo, tra l’altro, parcheggi dedicati e di interscambio modale presso: stazioni ferroviarie, luoghi turistici, università, ospedali, teatri, centri commerciali. Insomma, gli spazi di manovra e le indicazioni utili perché possa ancora crescere ci sono, contribuendo a rendere meno intasate le strade e più razione l’uso dell’auto, a tutto vantaggio della mobilità sostenibile.
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