728 x 90

Disagio giovanile: le risposte del territorio

Disagio giovanile: le risposte del territorio

La pandemia ha accentuato il disagio adolescenziale e giovanile. Per la cura, istituzioni, scuole e oratori fanno comunità, spiega lo psichiatra Giorgio Cerati

Quale cura al disagio giovanile acuito ancor più dalla pandemia? Il momento che vivono i giovani è critico e tendono ad affrontarlo in vari modi, anche sbagliati. Proprio pochi giorni fa è emerso un dato inquietante dall’’indagine del centro studi “Semi di melo” (fondazione Exodus di don Antonio Mazzi e Casa del giovane di Pavia), condotta su più di 60mila alunni di scuole media e superiori di tutta Italia: il 16% dei minori che ha assunto droghe lo ha fatto “per affrontare momenti difficili”. Altra evidenza su cui riflettere: come riporta Vita, l’età media dei consumatori di droghe tra i minori è 12 anni. E poi c’è la dipendenza da pc e da smartphone, sempre più frequente, cui si aggiungono gli episodi di cronaca di risse tra giovanissimi… Insomma, il quadro visto così non è dei migliori.

Disagio giovanile e adolescenziale: cos’è
«Quando parliamo di disagio adolescenziale e giovanile trattiamo un tema molto ampio, che spazia dalle difficoltà più lievi, come uno stato di insoddisfazione generica o di irrequietezza fino ai disturbi veri e propri, che arrivano anche agli abusi di sostanze stupefacenti o, peggio, ai tentativi di suicidio. In queste forme più acute del disagio si riscontrano dalle crisi d’ansia marcate, alla depressione ai comportamenti devianti a volte socialmente vistosi», spiega il medico psichiatra Giorgio Cerati. Da inizio anno è stata avviata l’unità adolescenti presso il reparto di pediatria dell’ospedale di Magenta: in un mese si è registrata la presenza di ben 6 ragazze che hanno tentato gesti autolesivi.

E poi c’è anche la rabbia, sfocia in episodi di violenza tra coetanei, o abuso di droghe e alcoolici. Sono tutte forme per manifestare le difficoltà di vivere. «Ci sono poi i disturbi alimentari, come anoressia o bulimia, che non sono nuovi ma che in questo periodo vedono un’accentuazione molto forte da quando si è originata la pandemia».
All’estremo opposto vediamo invece giovanissimi che manifestano il cosiddetto ritiro sociale, ossia la tendenza a trovarsi sempre meno con gli altri, a uscire. Il fenomeno giapponese degli hikikomori (fenomeno che riguarda soprattutto i giovani dai 14 fino addirittura ai 30 anni) è già giunto in Italia: si stima che nel nostro Paese coinvolga già circa 100mila persone. Si tratta di un fenomeno in cui chi ne soffre se ne sta nella propria camera e incontra gli altri solo attraverso gli strumenti virtuali. Quindi si va da un’eccessiva esternalizzazione delle emozioni alla chiusura in sé.

«La pandemia ha di fatto acuito notevolmente il disagio: non ci sono dati assoluti, ma possiamo certamente dire, sulla base delle evidenze e dei casi trattati, che si sta verificando un ulteriore aumento dei casi e una diminuzione dell’età di insorgenza dei disturbi. Un cambiamento non solo quantitativo», evidenzia Cerati. Un “marcatore” utile per comprendere l’accentuato disagio è il maggiore tasso di abbandono scolastico. Gli stessi fattori di esplosività e di violenza anche marcati sono stati accentuati non solo dalle misure prese per contenere i contagi da Covid-19, ma anche dalle limitazioni alla socialità, dall’incertezza costante, dal clima di panico incontrollato causato dalle tante notizie e moltiplicato dagli strumenti di comunicazione che raggiungono tutti ovunque.

 

La cura: consigli utili e progetti avviati
Delineato il quadro, c’è la necessità di cura anche in questo caso su diversi livelli. Quali strumenti o possibilità hanno i genitori? E a chi possono rivolgersi, specie sul territorio del Magentino? Quali consigli?

«Prima di tutto bisogna evitare il rischio che i genitori si sentano autosufficienti. In casi famigliari in cui si manifesta un problema innanzitutto occorre farlo emergere e non nasconderlo tra le mura di casa. D’altro canto, non si deve ricadere all’opposto in una eccessiva colpevolizzazione o drammatizzazione del problema. Pensiamo solo alla “questione telefonini”: spesso tendiamo ad accusare i ragazzi di un uso eccessivo dello smartphone, quando poi noi adulti ne facciamo un uso a volte smodato. A volte servono esempi, prima ancora di parole», sottolinea il medico.

A livello di iniziative va segnalato il progetto “Adolescenza, disagio giovanile, territorio”, avviato da un paio di anni e che cerca di affrontare il disagio allo scopo di prevenire disturbi più gravi, oltre a fornire qualche risposta strutturata a giovani sofferenti. Per fare questo si punta alla cosiddetta coalizione di comunità: ossia mettere insieme le forze presenti sul territorio, le reti dei servizi e la cittadinanza. In questo senso si sta realizzando una collaborazione molto bella tra gli operatori dei servizi pubblici con le loro equipe di medici e psicologi, le strutture già presenti con funzioni educative come oratori, centri di aiuto allo studio, gruppi sportivi ecc. Si tratta di un progetto avviato nel Magentino e nell’Abbiatense presentato dalla Fondazione degli Ospedali, approvato e sostenuto dalla Fondazione Ticino Olona onlus, con la partecipazione dell’ASST, delle scuole, dei comuni del magentino e dell’abbiatense con i loro Piani si zona, della Comunità Pastorale di magenta.

Nella pratica vari attori sono in prima linea: dalla rete degli ospedali territoriali agli Uffici di piano, i consultori, le scuole superiori, gli oratori, quasi ad abbracciare la comunità nel suo insieme.
Ci sono poi altri progetti in qualche modo intersecati e che si integrano. RELOAD, per esempio, è coordinato dalla cooperativa sociale Albatros, e punta a contrastare la dispersione scolastica, prevenire forme di disagio giovanile, allargare la comunità educante. Va citato anche “MiG-Work – MiGeneration work in progress”, che intende creare una rete di servizi integrati e opportunità formative gratuite. Nell’agire si cerca anche di coordinarsi, intervenendo insieme con i giovani in situazioni di bisogno, facendo rete e condividendo conoscenze ed esperienze.

«Sono due gli strumenti attuati mediante questi progetti e iniziative. Da una parte sensibilizzare il territorio a partire dalle realtà scolastiche ed educative, in particolare sul tema delle dipendenze, coinvolgendo come parte attiva gli stessi ragazzi delle scuole superiori più grandi, quali educatori alla pari con i più giovani: si tratta di un programma formativo, svolto in parallelo anche negli oratori.
Dall’altra, intervenire per aiutare i ragazzi in difficoltà: per questo, frutto dell’azione coordinata tra gli organismi citati, l’ASST sta mettendo a disposizione un’équipe integrata di operatori, dedicata al disagio giovanile, con la finalità di essere una realtà facilmente incontrabile, senza filtri, contattabile attraverso un numero cellulare, con sede in luoghi più adatti, come un consultorio a Magenta o Abbiategrasso, per un primo incontro di ascolto e di comprensione del problema», conclude Cerati. Questa iniziativa si prevede che verrà varata il prossimo mese di aprile.

Foto copertina di Marco Wolff da Pixabay

In evidenza

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *

Cancel reply

Ultimi Post

Top Autori

+ commentati

Video