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Boffalora e Covid-19: il lockdown raccontato in foto

Boffalora e Covid-19: il lockdown raccontato in foto

La fotografa Barbara Bonomelli ha immortalato Boffalora sopra Ticino in quarantena. Uno spaccato di vita vissuta, la testimonianza del lockdown di uno degli 8100 Comuni d’Italia

Barbara Bonomelli

Vie deserte, il silenzio, le attività sospese: questa è la Boffalora sopra Ticino che ha immortalato Barbara Bonomelli, fotografa freelance, in pieno lockdown causa Covid 19. Sono scatti che raccontano meglio di qualsiasi commento cosa abbiamo vissuto tutti noi abitanti degli 8100 Comuni italiani.

Ha deciso di pubblicare alcune foto sul proprio profilo Instagram solo questa settimana, in Fase 2, «dopo che tutto si sta riprendendo», racconta. Ricorda quei momenti di vita, raccolti nei suoi scatti in bianco e nero, che testimoniano un mondo che molti non hanno potuto vedere, complice la quarantena. E che resteranno a perpetua memoria. «Rammento il silenzio, impressionante, irreale, ma ricordo la sensazione quasi egoistica di essere stata una “privilegiata” a poter circolare liberamente in un momento in cui la maggior parte era confinata tra le mura domestiche», confessa.

 

Fotografia e lockdown: così è nata l’idea di Boffalora in quarantena Covid-19
L’idea di imprimere a futuro ricordo il Paese in cui vive si è fatta largo in Barbara Bonomelli ai primi di aprile, un mese abbondante dopo l’avvio della quarantena. È stata proprio lei, fotografa e co-fondatrice dell’agenzia di comunicazione Casello web, a voler testimoniare in scatti quell’esperienza così straordinaria.

«Perché l’ho fatto? Perché sono una fotografa, soddisfo così una curiosità creativa, come faccio anche nel mio lavoro, dal reportage alla pubblicità. Colgo gli aspetti singolari». Racconta di aver contattato il Comune e di aver parlato col sindaco, Sabina Doniselli per chiederle l’autorizzazione. La prima cittadina ha dato l’ok ufficiale perché la professionista potesse girare per le vie di Boffalora.

 

Boffalora – Pontenuovo

 

La libertà è la prima sensazione che ha colto, la seconda è il silenzio: «Era assordante, palpabile, così presente in zone dove normalmente c’è sempre rumore. Penso alla statale Milano-Novara, alla località Magnana, normalmente trafficata. Sono stata lì, in mezzo alla strada, a guardare e ascoltare il nulla». È quella foto a esserle rimasta maggiormente più dentro.
Ricorda di essersi fermata anche nei pressi della rotonda al termine della Boffalora-Malpensa: «Mi sono accostata al ciglio della strada, ho spento l’auto e sono uscita per “sentire” l’assenza di rumori e di persone, attonita».
Barbara Bonomelli ha fotografato il centro, la periferia, la zona residenziale e quella industriale: «Ho privilegiato determinati momenti della giornata per lavorare con la luce e le ombre lunghe».

“Living in a ghost town”: la vita in quarantena
Come hai vissuto quella Boffalora Ticino così deserta? «L’ho frequentata cercando di cogliere non solo le sfumature e i chiari scuri, ma anche la vita che trapelava. Pensavo anche alle complessità e ai problemi che potevano vivere chi era “costretto” a una convivenza forzata, a situazioni difficili, problematiche, di disperazione».

 

Strada, zona Magnana

 

Le chiedo di illustrarmi qualche altro aneddoto di vita vissuta: «In via Aldo Moro, zona periferica residenziale normalmente poco trafficata, ho intravisto un signore che aggiustava la bici, un altro intento a verniciare. Erano tutti a bassa voce, ma testimoniavano bene la vita dietro a ogni cancello, dietro ai muri di ogni casa». Le sue parole si accordano bene a quelle della canzone “Living in a Ghost Town” dei Rolling Stones, un successo planetario che racconta proprio le sensazioni da lockdown.

Cosa ne farà la fotografa boffalorese di quegli scatti? «Non ho pensato quando ho deciso di fare questo servizio a un intento commerciale. Ho voluto illustrare un momento straordinario, che rimarrà in qualunque archivio locale e che testimonierà quanto ho, abbiamo vissuto nel mio, nei nostri paesi. Sono consapevole che Boffalora non è Milano, Venezia, Parigi o New York: ma è un piccolo mondo dove si fa comunque la storia. Sono contento di averla documentata e spero che nessuno la debba più vivere».

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