In collaborazione con Chiara Crivelli, psicologa e psicoterapeuta, abbiamo approntato un decalogo utile per affrontare il nuovo anno scolastico
Per chi suona la campanella? Hemingway non me ne voglia, ma ormai mancano pochi giorni all’inizio della scuola e in molte case italiane è scoccato il conto alla rovescia all’avvio del nuovo anno. E si riparte, con tutto il tran tran quotidiano, con i suoi riti, ma anche con le ansie di chi comincia il percorso scolastico. Ma come partire col piede giusto, specie mamme e papà? Con la collaborazione di Chiara Crivelli, psicologa e psicoterapeuta, abbiamo pensato di proporre qualche consiglio utile ai genitori.
1 Affrontiamo l’anno scolastico con tranquillità e spirito collaborativo
«Il primo punto fondamentale è stabilire un rapporto di collaborazione con le persone di riferimento nel mondo scolastico: quindi con le insegnanti, con il personale non docente perché aiuta a costruire nel tempo un rapporto di fiducia e favorevole per i bambini, che se avvertono i propri genitori tranquilli loro stessi vivranno in modo sereno l’ambiente scuola», segnala la psicologa, sottolineando che il rapporto andrebbe stabilito anche prima, nel momento della scelta della struttura, risultato di una valutazione propria e non frutto di un pregiudizio altrui, cui portare i propri figli.
2 Evitiamo di creare confusione nei figli contrastando le richieste delle insegnanti
«Mettere in discussione le scelte dell’insegnante, anzi contraddicendole, provoca confusione nei bambini, che poi potrebbero reagire loro stessi negativamente, perdendo anche interesse e motivazioni nello studio». Altrettanto negativo è avere, da parte di mamma e papà, pregiudizi nei confronti della scuola. Adottare un atteggiamento eccessivamente apprensivo o critico porta i bambini a sviluppare una sfiducia rispetto alle proprie capacità e diminuisce l’autostima.
3 Affrontiamo con calma la possibilità di un pianto del proprio figlio alle prese con la scuola
«Premesso che è difficile per un genitore vedere la propria bimba o bimbo piangere, occorre anche in questo caso collaborare col personale della scuola, docente e non, affidandosi a loro. È abbastanza normale che il bimbo possa piangere, specie alla materna o al primo anno scolastico. Se questa sofferenza si dovesse prolungare per più tempo, specie all’infanzia, si può pensare di approntare con l’insegnante una strategia o un progetto per gestire la circostanza.
In ogni caso se il genitore è tranquillo, per il figlio è molto più facile affrontare paure e difficoltà. Anche nel caso di un episodio più serio, come può essere un atto di prepotenza o addirittura di bullismo, non partiamo con la critica preventiva alla scuola col bimbo, ma andiamo a confrontarci con la scuola per capire come potrebbe essere gestito. L’importante è evitare di far vivere al proprio figlio un fallimento, andando a prendere le sue difese a spada tratta, senza metterli nelle condizioni di affrontare momenti critici e non aiutandoli così a rafforzare la propria personalità», spiega Crivelli.
4 Seguiamo sì i nostri figli nei compiti, ma non facciamoli noi
È giusto che i compiti li svolgano i bambini perché sono la verifica dell’attività didattica svolta a scuola e aiutano a sviluppare l’impegno e il senso di responsabilità. Certo, è normale che possano avere dubbi o qualche difficoltà e che si rivolgano al genitore. Quest’ultimo deve essere presente nel momento in cui li esegue, specie nei primi anni delle elementari, ma che sia comunque il bimbo a portarli avanti. «L’importante è che il genitore non si sostituisca al figlio. Ciò è deleterio farlo per almeno due motivi: il bimbo non capirà il procedimento di svolgimento. Inoltre rischierà di non comprendere anche in futuro come farli, perdendo fiducia in se stesso, lasciando a mamma o papà l’onere di affrontarli», rileva la psicologa. «Nel caso poi non abbia proprio compreso, va spronato a chiedere all’insegnante di spiegargli di nuovo l’esercizio. È importante invece che il genitore mantenga un monitoraggio, controllando il diario e i quaderni anche coinvolgendo il figlio».
5 I voti: nessuno pretenda la luna, ma sia di giusto sprone per il proprio figlio
La valutazione dell’operato del bambino e del ragazzo, espressa in voti numerici o giudizi, va presa senza esasperazioni o attese controproducenti. Per esempio: se un bimbo o un ragazzo normalmente prende voti non molto alti, è bene stimolarlo lodandolo se prende un voto migliore o comunque spronarlo a fare meglio. Ognuno ha le proprie capacità e talenti, in ogni caso è da evitare di frustrarlo con eccessivi rimproveri.
«Non è il voto che rappresenta lo studente, ma le sue caratteristiche. Il voto è uno strumento per comprendere quanto abbia capito di quella materia e l’apprendimento di un determinato argomento. Ciò non vuol dire non aspettarsi nulla, tutt’altro, ma accompagnarlo nel migliorare per quanto possibile il suo rendimento».
6 In mensa è bene che si assaggi tutto, senza il rifiuto preventivo
«Una premessa: il menu della mensa scolastica è pensato da nutrizionisti e da personale professionale e valutato da diversi organi competenti, tra cui anche una commissione di genitori. A loro bisogna affidarsi se emerge una criticità vera, non al capriccio del bambino e soprattutto al suo rifiuto preventivo», segnala Crivelli, che sottolinea l’importanza dell’assaggio di tutto quello che viene proposto. Poi certamente i gusti sono gusti, ma l’invito a scoprire anche solo attraverso un boccone piatti “ostici”, come capita spesso con la verdura, è importante. «A volte l’effetto virtuoso – o deleterio – dei propri compagni di tavola porta a mangiare, o quantomeno assaggiare, una determinata pietanza o rifiutarla a priori». Occorre magari provare stratagemmi come cambiare i bambini di posto, volta per volta, così da poter far sperimentare al bambino dinamiche relazionali diverse.
«In ogni caso, il tempo mensa e quello successivo sono fondamentali per vivere e rapportarsi con gli altri: evitiamo quindi di portare a casa il figlio a pranzo se non per situazioni particolari», sottolinea la psicologa.
7 Non aspettiamoci dai nostri figli grandi racconti della giornata a scuola, impariamo ad aspettare
Alzi la mano chi, domandando al proprio figlio o figlia, come sia andata a scuola abbia ottenuto giusto una risposta fiume e non un monosillabo o poco più. «È assolutamente normale che accada, specie dopo la scuola. Il bambino, finito il tempo in classe, ha voglia di fare altro. Di solito i maschi sono più “avari” di parole rispetto alle femmine. Attendiamo, invece, un momento più favorevole come può essere la cena in famiglia o accompagnandoli a letto, quando sono rilassati e forse più pronti ad aprirsi. Altrettanto importante è porgli delle domande più precise o più interessanti per loro, per esempio che attività hanno svolto all’intervallo con i propri compagni o con chi hanno giocato. È fondamentale comunque farsi trovare pronti all’ascolto».
8 Uso del cellulare: che rapporto bisogna che abbiano i nostri figli?
Un discorso è l’uso del cellulare dei ragazzi più grandicelli, nativi digitali, un conto è l’uso di scolari delle elementari in cui dotarli di un telefono non è assolutamente necessario. Il discorso può cambiare leggermente alle medie, ma giusto considerando il telefonino come uno strumento per comunicare eventuali variazioni o problemi per raggiungere la scuola o casa. A scuola, però, va tenuto spento. Così come per figlie e figli, va ugualmente “calmierato” l’uso del supporto tecnologico da parte dei genitori nei confronti dei propri figli: si sa che a volte mamme e papà usano il cellulare per colmare la loro eccessiva apprensione, arrivando ad assillare i figli addirittura a scuola.
Anche l’uso di smartphone e tablet per la didattica, se ritenuto utile dalla scuola, va comunque gestito in modo oculato per evitare eccessi o distrazioni.
9 Viviamo con assoluta tranquillità la presenza di studenti di razze, culture o religioni diverse
«I bambini normalmente non considerano queste situazioni. Un esempio: mi sono trovata a chiedere a mio figlio da dove venisse una sua compagna di scuola straniera. Lui mi ha risposto guardandomi stupito: “Da Magenta!!” questo per dire che per lei la domanda era del tutto assurda. Certo con l’età la gestione multietnica può avere maggiori complessità, ma è importante da parte nostra e delle insegnanti creare i presupposti per una piena integrazione. Credo sia davvero importante mantenere viva la naturalezza dei rapporti che i bambini instaurano tra loro. E poi le differenze arricchiscono, per esempio anche nell’acquisire conoscenze geografiche o culturali in maniera spontanea».
10 Accompagniamo i nostri figli alla lettura, facendogliela apprezzare anche tramite l’esempio
È fondamentale far scoprire la bellezza della lettura ai nostri bambini: accompagniamoli in biblioteca, facendogli scoprire da piccoli supporti tattili o altri stratagemmi utili ad avvicinarli ai libri. «Più si coltiva da piccoli l’amore per la lettura più si mantiene e si alimenta da grandi. E poi è l’esempio dei genitori che è vincente: vedere mamma e papà leggere, raccontargli favole la sera, avere libri in casa aiuta moltissimo».
A questo decalogo di consigli ne aggiungiamo uno, fondamentale: per la funzione educativa è importante la corresponsabilità tra casa e scuola.
L’educazione la s’impara prima di tutto in casa. «La scuola ha sicuramente una funzione educativa, oltre che didattica, ma non deve esserle delegata in toto. Da parte dell’istituzione scolastica, deve comprendere che non ha esclusivamente una finalità didattica, quindi deve essere in grado di mettere in atto modalità e strategie utili allo scopo educativo.
Nei confronti dei ragazzi, la scuola cerchi di vedere le risorse, le potenzialità, i talenti e non solo le difficoltà. Poi è fondamentale, ribadisco, l’azione collaborativa tra casa e scuola» conclude Crivelli.
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