L’Italia è sempre più bersaglio di eventi climatici estremi, di cui fanno le spese in particolare le città. I casi di Milano e provincia
Trombe d’aria, siccità, nubifragi: l’Italia si scopre sempre più bersaglio di eventi climatici estremi. A farne le spese sono in particolare le città: qui, infatti, vive la maggior parte delle persone, nel Belpaese e nel mondo.
A livello nazionale sono 198 i Comuni dove si sono registrati impatti rilevanti, dal 2010 a oggi, con 340 eventi. Li ha registrati Legambiente e messi in evidenza sulla mappa del rischio climatico ed ha presentato il rapporto “SOS Acqua – Nubifragi, siccità, ondate di calore: le città e i territori alla sfida del Clima”.
Le città alla prova del clima estremo
Le città sono più vulnerabili. Le conseguenze sulla vita delle persone che vivono nelle aree urbane si riassume nei 64 giorni di stop a metropolitane e treni urbani, e 64 i giorni di blackout elettrici dovuti al maltempo. È quanto registrato negli ultimi 7 anni.
Quando si parla di cambiamenti climatici occorre giudizio e dati: quelli, per esempio della Nasa, archiviati dal 1964 al 2017 che rilevano il rialzo delle temperature globali medie sulla superficie terrestre: esse sono salite di 0,17-0,18 °C a decennio con un aumento dovuto anche al fatto che gli oceani terrestri, che assorbono la maggior parte del calore in eccesso dovuto all’effetto serra, stanno cominciando a rilasciare in atmosfera questo “credito” accumulato. L’Italia, segnala Legambiente, “si trova al centro di un’area considerata dagli scienziati un ‘hot spot’ del cambiamento climatico, ossia una delle aree più sensibili e prevedibilmente soggette alle conseguenze del climate change”.
Uno Stivale che frana
L’Italia, tra l’altro, è un Paese a elevato rischio idrogeologico. L’88% dei Comuni, ossia 7.145, hanno almeno un’area classificata a elevato rischio. Si tratta di un’area, pari a circa il 15,8% del territorio nazionale secondo l’Ispra, in cui vivono o vi lavorano 7 milioni di nostri concittadini. Secondo i dati di “#italiasicura, il nostro è il primo Paese al mondo per risarcimenti e riparazioni di danni da eventi di dissesto. Sono 61,5 i miliardi di euro spesi tra il 1944 ed il 2012 solo per i danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano. “Eppure si continua a costruire in aree a rischio idrogeologico!”, sottolinea Legambiente.
È uno Stivale… malconcio, in cui oltre alla situazione delicata peculiare e ai perpetrati abusi edilizi e infrastrutturali si aggiunge da qualche anno a questa parte le sciagure e i danni da meteo avverso: lo stesso rapporto annota che dal 2010 ad oggi sono:
• 198 i comuni italiani colpiti
• 340 fenomeni meteorologici estremi
• 109 i casi di danni a infrastrutture da piogge intense
• 157 le persone vittime di maltempo
Il dato più inquietante è il numero di morti causate dalle conseguenze delle ondate di calore: tra il 2005 e il 2016, in 23 città italiane, hanno causato 23.880 morti. Per questo occorre porre riparo alla situazione in modo coordinato ed efficace. Secondo Legambiente “la messa in sicurezza delle aree urbane deve essere la priorità degli interventi climatici. Servono nuove politiche per le città e un regolamento nazionale per l’adattamento climatico, se vogliamo ridurre i pericoli per le persone e evitare crisi idriche”.
Il maltempo e i danni in Lombardia. I casi di Milano e Legnano e il Ticino che soffre
Guardando al territorio regionale e locale sono diversi gli episodi di eventi estremi legati all’abbondanza o alla carenza d’acqua. A Legnano, lo scorso 10 maggio una bomba d’acqua improvvisa ha colpito il comune e tutta la zona a nord di Milano, dove il traffico è andato in tilt per via delle condotte idriche che non riuscivano a smaltire la pioggia battente.
Il caso di Milano è certamente il più significativo: le alluvioni e gli allagamenti in città sono sicuramente da cercare nell’eccessiva impermeabilizzazione del suolo che ha modificato in maniera importante l’assetto del sistema idrografico. Il rapido e incontrollato sviluppo urbanistico dei territori a nord della città, ha determinato un consistente aumento dell’impermeabilizzazione dei terreni, comportando un enorme incremento delle portate raccolte dai corsi d’acqua.
La rete idrica interessata è la seguente: da oriente, in senso antiorario, il Lambro, il Martesana-Seveso, l’asse Olona-Lambro meridionale, il Naviglio Grande e il Naviglio Pavese. I cinque corsi d’acqua costituiscono l’ossatura portante dell’intero sistema che scorre verso sud-est.
A sud della città sono collocati i tre depuratori, che ne trattano le acque reflue, e i diversi canali le cui acque, dopo avere irrigato la pianura, hanno come recapito finale il Po. A nord, a tagliare l’Alto Milanese dal Ticino all’Adda, scorre il canale Villoresi che, irrigando i territori della sua sponda meridionale, travasa acque nel bacino milanese.
I periodici episodi di esondazione del Seveso e altri episodi non sono certo stati trascurati dall’amministrazione comunale, come neppure la situazione critica, dovuta al clima: Milano, da parte sua ha avviato nel 2015 un percorso di collaborazione all’interno del progetto “100 Resilient Cities” promosso dalla Fondazione Rockefeller, nato proprio per aiutare le città ad adottare politiche che favoriscano la resilienza agli stress ambientali, fisici, economici e sociali che impattano sulla popolazione. In questo contesto Milano sta già intervenendo con progetti innovativi nei campi dell’housing sociale, della rigenerazione urbana, della smart city e della prevenzione dai rischi idrogeologici.
Tra i progetti più importanti l’Amministrazione del Comune di Milano sta spingendo sempre di più verso la realizzazione della riapertura dei Navigli. Un’operazione sicuramente interessante, non solo per la questione idrogeologica, ma anche in chiave paesaggistica. Legambiente non manca però di sottolineare che: “Il progetto, perché possa fornire adeguati vantaggi ambientali e di riequilibrio idraulico, non dovrebbe essere limitato al collegamento dei navigli, bensì consentire il recupero di una parte dei 340 km di reticolo idrico milanese che la città ha inglobato e cancellato nel volgere dello scorso secolo”.
Per quanto riguarda gli episodi estremi in termini di carenza d’acqua, va segnalato che agli inizi del 2017, il livello del Ticino non è mai stato così basso negli ultimi dieci anni, e così pure il livello dei fiumi e dei laghi. Il lago Maggiore, i laghi di Como e l’Iseo sono andati sotto lo zero idrometrico, con perdite rispetto alla media storica che vanno dai 30 ai 50 centimetri. Il lago di Garda ha registrato un livello di riempimento di appena il 20%. Tra i casi più gravi a livello nazionale è rilevante quanto accaduto a Pavia, dove a fine agosto 2017, il Po al Ponte della Becca è risultato essere quasi tre metri sotto lo zero idrometrico.
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