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La ricerca della felicità è uno scopo dell’umanità

La ricerca della felicità è uno scopo dell’umanità

È un diritto e si studia anche all'Università con successo. Esiste una classifica sul grado di gioia raggiunto in ogni Paese e l'Italia non è messa bene.

Felicità… già solo a pronunciarla ha un effetto positivo. È lo stato d’animo per eccellenza “di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri”, si legge in Wikipedia. Ma è questa la concezione più esatta? Difficile dirlo: è talmente complessa la felicità quale concetto, che è difficile riuscire a incasellarlo. Intanto, però, siamo sempre alla sua ricerca.

Felicità, a Yale è il corso universitario più seguito
Una ricerca silenziosa, ma profonda e continua, quella della felicità, divenuta persino materia di studio che ha fatto registrare un autentico boom di iscritti a Yale: la prestigiosa e antica università americana – è stata fondata nel 1701 – proprio qualche settimana fa ha vissuto attimi di grande notorietà dopo che aveva diramato la notizia del notevole seguito al corso di “Psychology and the Good Life”: in meno di una settimana ha totalizzato 1.200 partecipanti, circa un quarto degli studenti iscritti al triennio. È un record storico: mai una materia di studio aveva attratto tanti universitari nell’ateneo statunitense.

Attraverso due lezioni settimanali, il corso tenuto da Laurie Santos, docente di psicologia, si propone di insegnare agli studenti come vivere meglio ed essere felici. Curioso che la professoressa, tra i numerosi articoli scritti, si sia occupata spesso di tematiche riguardanti le attività cognitive di cani e scimmie. In ogni caso sa quello che fa: basti dare un’occhiata al suo curriculum vitae.

Ancora più curioso che la felicità diventi un tema di studio universitario negli Stati Uniti, dove la stessa Costituzione prevede che tra i diritti inalienabili di tutti gli uomini, vi sia la ricerca delle Felicità, insieme alla Vita e alla Libertà. Un concetto decisamente “alto” e condivisibile, quello americano, che può contare su una positiva influenza di origine italiana, anzi più particolarmente napoletana. È stato appurato, e divenuto materia di tesi di laurea, che Benijamin Franklin ascoltò il parere del giurista e filosofo Gaetano Filangieri e guardò al suo pensiero come a un modello cui ispirarsi, in particolare per quel passaggio sulla “ricerca della felicità”.

La felicità trova posto all’ONU e in classifica
Qualche secolo più tardi la felicità ha trovato spazio anche in un documento dell’ONU. Le Nazioni Unite, infatti, hanno istituito una giornata internazionale dedicata. Nel documento da cui è nata l’iniziativa, del 2012, è scritto che “L’Assemblea generale […] consapevole che la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità, […] riconoscendo inoltre di un approccio più inclusivo, equo ed equilibrato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone”.

Nella stessa occasione della convention Onu fu presentato il primo World Happiness Report, in cui venne stilata una classifica dei Paesi più felici. Essa nacque sulla base del fatto che la felicità è considerata la misura adeguata del progresso sociale e l’obiettivo della politica pubblica. Nel giugno 2016 l’OCSE si è impegnata a ridefinire la narrativa della crescita per mettere il benessere delle persone al centro degli sforzi dei governi.

Nel febbraio 2017, gli Emirati Arabi Uniti hanno tenuto un incontro della Giornata mondiale della felicità, come parte del vertice del governo mondiale. In occasione del World Happiness Day, il 20 marzo, è stato lanciato il World Happiness Report 2017, pubblicato di nuovo dalla Sustainable Development Solutions Network. Anche in questo caso, l’Italia in qualche modo c’è: sì perché la ricerca e la relativa pubblicazione è stata supportata dalla Fondazione Ernesto Illy.

Il Paese più felice del mondo, ecco perché e qual è
Per definire il grado di felicità di un Paese entrano in gioco fattori quali: prendersi cura degli altri, libertà, generosità, onestà, salute, reddito e buon governo.
Grazie a queste e altre considerazioni la Norvegia è passata dal quarto posto nel 2016 al primo posto lo scorso anno, seguita da Danimarca, Islanda e Svizzera in un folto gruppo. Tutti i primi quattro Paesi sono molto ravvicinati per punteggi, tanto che minimi cambiamenti potrebbero mutare la classifica di anno in anno.

La Norvegia si posiziona in cima alla classifica: ha scelto di produrre in modo slow il proprio petrolio e investendo i proventi per il futuro, anziché spenderli nel presente, la Norvegia ha scelto di perseguire un percorso di espansione economica diverso da quello di molte altre economie ricche di risorse. Il Paese, sostiene il World Happiness Report, è unito in questa politica, coeso nella fiducia al governo, con cittadini fiduciosi nell’operato dell’amministrazione, uniti nell’impegno condiviso: sono tutti fattori, questi, che contribuiscono a mantenere la Norvegia tra i paesi migliori nella classifica della felicità.

Come ha spiegato Jeffrey Sachs, direttore del Sdsn e consigliere speciale del segretario generale Onu: «I Paesi felici sono quelli che hanno un sano equilibrio tra prosperità, come convenzionalmente misurata, e il capitale sociale, il che significa un alto grado di fiducia nella società, bassa disuguaglianza e fiducia nel governo». L’Italia, stando alla classifica, deve faticare nella ricerca della propria felicità: infatti, su 155 Paesi, si colloca al 48esimo posto, dopo aver risalito due posizioni rispetto all’anno precedente. Si può fare di più…

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