Aumentano i passeggeri su treni e metropolitane, ma c’è ancora da fare per migliorare la situazione. I dati e le proposte di Legambiente nel report Pendolaria
“Si avvisano i signori viaggiatori…”: chi si assiepa tutti i giorni alla stazione ferroviaria di Magenta e in tutte le stazioni italiane e sente l’inizio di questo messaggio comincia a preoccuparsi. Perché sa che viene comunicato un ritardo. Breve o lungo che sia, è consapevole che la sua giornata – lavorativa e non solo – sarà influenzata, spesso e volentieri in peggio. La vita da pendolare la sperimentano circa tre milioni di italiani che usano ogni giorno il treno per andare al lavoro, a scuola, all’Università. Un numero che sale fino a cinque milioni e mezzo, contando tutti i mezzi su ferro, inclusi metropolitane, tram, intercity e alta velocità.
Le cifre le offre Legambiente nel suo rapporto Pendolaria, evidenziando l’aumento di pendolari del treno: 11 mila passeggeri al giorno in più con il servizio regionale (+0,4% rispetto al 2016), mentre sono 22 mila in più coloro che si spostano ogni giorno con la metropolitana (+0,6% rispetto al 2016). Il trend è costante, ma con differenze marcate tra regione e regione. Il motivo di tali differenze è presto detto: dove sono stati operate migliorie, nelle infrastrutture come nell’aumento di corse giornaliere, c’è stato anche un aumento di passeggeri.
I passeggeri su treni e metrò aumentano, anche se…
L’aumento marcato, per esempio, si nota in Lombardia: qui i pendolari, 735 mila, sono aumentati del 3,1% nel 2017 e del 31,5% dal 2009 a oggi. Stessa tendenza in Alto Adige, dove gli investimenti in nuovi treni e corse frequenti mostrano addirittura nelle linee riqualificate i pendolari sono triplicati – da 11 mila nel 2011 a quasi 32 mila – “e continuano ad aumentare le corse e gli investimenti, come quelli per l’elettrificazione delle linee con i lavori già in fase avanzata”, si specifica nel rapporto.
Altro trend positivo si registra in Abruzzo: qui nel 2016 si segnalava un calo marcato dei pendolari (oltre il 4%), ma con il recupero di alcune corse nel 2017 e l’introduzione del cadenzamento dei treni sulla linea costiera Adriatica, il numero dei passeggeri al giorno è tornato a crescere del 5,3%. Aumenti considerevoli si segnalano in Valle d’Aosta (+177%), Trentino-Alto Adige (+113% in provincia di Trento, +29,8% a Bolzano), Emilia-Romagna (+79,8%), Friuli Venezia Giulia (+62,9%), Puglia (+38,5%), Sardegna (+29,8%) e Basilicata (+29,4%): in buona parte dei casi l’aumento testimonia quanto è stato fatto in queste realtà in termini di servizi, nuovi treni e infrastrutture, segnala Legambiente, evidenziando anche il deciso calo registrato in Campania, Piemonte, Abruzzo, Sicilia e Molise: “Il problema è che rispetto a numeri di viaggiatori al giorno che già erano storicamente molto diversi tra le Regioni dopo i tagli alle risorse dello Stato per il servizio, avvenuti nel 2009-2010, questa differenza si è accentuata e solo le Regioni che sono intervenute per recuperare il gap di risorse hanno visto crescere i passeggeri”.
Regionali, intercity, alta velocità e Tpl
Altre differenze si notano nel tipo di viaggio: se per i treni regionali dal 2010 c’è stato un aumento di passeggeri del 6%, sugli Intercity c’è stato un calo del 40%, mentre sulle Frecce di Trenitalia si segnala un + 20% così come per Italo che è in forte crescita. “Il continuo successo del servizio ad alta velocità dimostra la voglia di treno che c’è in Italia”, fa notare Legambiente, che cresce in numero di corse e nell’offerta integrata di servizi. Un altro aspetto cui guardare è quello che avviene in città e nel trasporto pubblico. Qui i dati non sono positivi: continua il predominio del trasporto su gomma, con 38 milioni di auto in circolazione e un tasso di 62,8 veicoli ogni 100 abitanti tra i più alti al mondo.
Secondo l’Osservatorio Isfort nel 2016 la percentuale di spostamenti in automobile copre il 65,3% degli spostamenti ed è in crescita: basti considerare che era al 57,5% nel 2001! Le cause sono chiare e vanno cercate nei ridotti investimenti registrati in questi anni nel Trasporto pubblico locale, “che continua a non essere un’alternativa reale per gli spostamenti, e poi nel recuperare la distanza dagli altri Paesi europei in termini di dotazione di trasporto pubblico su ferro, laddove sono i più gravi ritardi nel nostro Paese”.
Buone e cattive notizie
La situazione nel complesso mostra un Italia dai diversi volti, con dei miglioramenti – e non pochi: nel report sono presentati 38 esperienze di successo e buone pratiche del trasporto su ferro, da Nord a Sud – e dei peggioramenti registrati nelle diverse regioni e dove e si è ampliata la differenza nelle condizioni di servizio tra gli stessi pendolari. Basti guardare, per esempio, alla riduzione degli Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza e dall’altro quella nei collegamenti regionali, dove dal 2010 la riduzione nel servizio ferroviario è stata del 6,5%.
Di esempi poco edificanti Pendolaria ne può fare molti: dal Molise dove non c’è più un collegamento ferroviario con il mare, che esisteva fin dal 1882, al caso in Campania della Circumvesuviana, che ha visto ridursi il numero di corse giornaliere da 520 nel 2010 a 367 nel 2016, con un calo del 30% dell’offerta di treni. E poi c’è il problema dell’età del parco treni, specie nel Meridione dove i convogli sono più vecchi, con un’età media nettamente più alta 19,2 anni rispetto ai 13,3 del Nord e a quella nazionale di 16,8, e sono più lenti, sia per problemi di infrastruttura sia perché circolano treni vecchi e non più adatti alla domanda di mobilità.
La situazione è figlia di politiche discutibili, specie in tema di finanziamenti statali per le infrastrutture. Si legge sul report che dal 2002 a oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Anche le Regioni continuano a scegliere strade e autostrade come priorità degli investimenti. Un altro motivo di una situazione a varie sfaccettature va vista anche nel modo diverso con cui le diverse Regioni hanno gestito il servizio dopo il trasferimento delle competenze nel 2001.
Dai dati alle proposte
Legambiente non si limita a presentare la situazione, ma lancia cinque proposte per rilanciare il servizio ferroviario regionale. Le presentiamo integralmente:
1. occorre continuare la cura Delrio con un ruolo più incisivo del Ministero delle infrastrutture e trasporti che deve diventare il regista di una nuova politica dei trasporti in Italia che coinvolga Regioni, Comuni, concessionari e imprese. Il Ministero inoltre deve anche un ruolo di indirizzo e controllo.
2. Più treni sulle linee ferroviarie facendo diventare il servizio ferroviario sempre più competitivo. Per far ciò occorre potenziare nelle città l’offerta lungo le direttrici nazionali e urbane più importanti, dove è più forte la domanda pendolare e nelle aree del Paese, come al Sud, dove è del tutto inadeguata.
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