Mondo digitale, bisogni, risposte. Un successo il convegno di Magenta sui giovani millennials
Chi sono i giovani? Cosa vogliono? Perché si parla di “millenials” e di “nativi digitali” quando ci si riferisce loro? Sono domande che spesso rimangono inespresse. Perché è complesso e riduttivo parlare di giovani come se fossero una categoria catalogabile e uniformabile. Un punto di vista interessante su questo tema l’ha fornito quanto detto lo scorso 30 gennaio nel convegno “I Giovani Protagonisti”, ideato e organizzato in stretta sinergia dal Comune, l’Associazione culturale Ecomunità (www.ecomunita.it) e la Comunità Pastorale di Magenta.
Una bella iniziativa, condivisa e partecipata da oltre 150 persone: segno che il tema appassiona e coinvolge. Il merito della riuscita della serata è stato dei relatori, che hanno messo in luce ognuno un lato diverso, ma complementare nella visione di insieme dei giovani. A partire dall’accenno alla “Società Liquida” del sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, in cui si trovano a vivere i ragazzi, connessi col mondo e dalle potenzialità interessanti, come bene ha ricordato il sindaco di Magenta Chiara Calati. In sala presenti tantissimi genitori, educatori, nonché gli assessori comunali Rocco Morabito (Politiche per la Famiglia) e Luca Aloi (Politiche Giovanili).
L’intervento introduttivo di don Emiliano Redaelli, responsabile Unità pastorale giovanile, ha posto l’accento sull’importanza di serate condivise da tutte le “anime”, laiche e non, perché poi «alla fine i ragazzi che incontriamo sono gli stessi e allora è bene che trovino un mondo adulto che ci tiene a loro, ragiona su e con loro, li ascolta e prova a dare delle risposte».
In ascolto dei giovani, innanzitutto
Se c’è un denominatore comune in ogni intervento è la necessità di mettersi in ascolto dei ragazzi: spesso, infatti, come ha evidenziato Roberta Molinari, del Centro di Consulenza per la Famiglia, è bene che gli adulti si pongano delle domande e si interroghino sulla propria essenza e operato, per trovare in se stessi le domande corrette e le risposte da offrire ai propri figli. Ma più che l’opinione è l’esempio che conta: i nostri figli ci studiano, imparano anche dalle nostre vite.
E sul fatto che “non ci siano più i giovani di una volta” è bene mettersi il cuore in pace: si ponevano la stessa conclusione – del tutto inutile – anche quattromila anni fa gli adulti di allora…
Sara Abd El Fattah, educatrice e presidente Associazione Saama Raac, ha portato l’attenzione sul fatto che i ragazzi hanno molto da dire: «bisogna saperli ascoltare», ha affermato, portando a esempio i vari lavori svolti con la propria associazione, che hanno messo in luce la capacità dei ragazzi di interrogarsi e trovare chiavi di lettura efficaci sul mondo che vivono e sui problemi che affrontano: bullismo e cyber bullismo, la necessità di contare su delle regole concrete, l’impegno a vivere la “cosa pubblica”, anche attraverso il Consiglio Comunale dei Ragazzi.
Nativi digitali, ma desiderosi di rapportarsi con gli adulti
L’importanza di fare gruppo è fondamentale per i ragazzi: ma ciò non esclude minimamente che ognuno di loro è consapevole di essere un individuo con le proprie potenzialità e limiti. Sta a noi genitori, educatori, sta agli amministratori politici come ai sacerdoti fornire loro strumenti e possibilità per esprimerle al meglio. Ultimo, importante accenno di Sara è sull’importanza cruciale dell’alleanza scuola-famiglia.
Proprio per questo sono fondamentali gli insegnanti: utile, a proposito, è stata la testimonianza di Christian Rosso, docente di religione presso il liceo “Salvatore Quasimodo” di Magenta.
«I giovani si lasciano entusiasmare dagli adulti che sono davvero appassionati a un’idea, non da un comando vuoto», ha rilevato, segnalando anche come con i ragazzi non si debba dare nulla per scontato.
A concludere il quadro ci ha pensato Chiara Crivelli, psicologa e psicoterapeuta: nella sua disamina finale ha voluto incorniciare il mondo giovanile attraverso una sorta di carta d’identità. Nati in piena rivoluzione digitale i ragazzi ne sono tecnologicamente immersi, connessi: lo smartphone è un oggetto vissuto come naturale propaggine.
Ciò non significa che l’aspetto umano sia secondario: tutt’altro. I giovani vivono pienamente la vita. Siamo noi adulti a dover imparare un po’ di più del loro mondo: «Il ruolo degli adulti è recuperare le competenze – ha concluso – conoscendo meglio le tecnologie. Ma soprattutto i ragazzi hanno bisogno di genitori consapevoli e disponibili».
“Da qui la necessità di mettersi in relazione (e in gioco) con loro: occorre esserci”, così ha concluso Francesca Tinazzi, collega di Molinari del Centro di Consulenza per la Famiglia, in risposta ad alcune domande interessanti dei presenti in sala.
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