Dagli esperti di stile il decalogo con i consigli per farsi assumere
In cerca di lavoro? Al bando vestiti attillati o sgualciti, tinte sgargianti, accessori non abbinati, barba e capellitrasandati. Esperti di stile e studi scientifici rivelano come l’outfit prescelto influenzi concretamente l’esito di un colloquio. Una teoria comprovata da un’indagine inglese secondo cui ben 4 recruiter su 10 (37%) scelgono i candidati basandosi sul dress code (codice di abbigliamento).
Il Decalogo
1. Assicurarsi che i vestiti siano puliti e stirati.
2. Evitare abiti visibilmente troppo stretti, che non si adattano al proprio fisico.
3. Evitare i colori troppo sgargianti.
4. Evitare accessori e gioielli troppo vistosi, oppure profumi e dopobarba troppo persistenti.
5. Indossare scarpe pulite e non usurate. Gli uomini sono invitati a evitare sneakers e optare per un paio di stringate classiche. Mentre alle donne si consiglia di non indossare tacchi eccessivamente alti e sandali.
6. Assicurarsi di indossare una cintura coerente con l’outfit e possibilmente abbinata al colore delle scarpe.
7. Presentarsi con capelli e barba in ordine.
8. Assicurarsi di avere le mani curate tenendo presente che sono la parte del corpo maggiormente esposta durante il colloquio.
9. Considerare che non esistono colloqui informali. Nel dubbio meglio “eccedere con le formalità”.
10. Ed infine è fondamentale essere se stessi.
Un detto popolare recita che “l’abito non fa il monaco” ma quando si tratta di affrontare un colloquio di lavoro l’outfit giusto può davvero fare la differenza. Soprattutto oggi che, con la crisi che ancora imperversa in Italia, la competizione per i posti di lavoro vacanti è più che mai serrata. E se è vero che il linguaggio verbale incide solo per il 10% nella comunicazione, come riportato in numerosi studi condotti da linguisti, è importante giocarsi tutte le carte nei primi secondi decisivi in cui il selezionatore inquadra il candidato ed effettua d’istinto già una prima selezione.
Il segreto? Indossare abiti in cui ci si senta a proprio agio ma che, al tempo stesso, rispettino il codice di abbigliamento di quella determinata azienda. Una teoria comprovata da un’indagine inglese, condotta dalla società di recruiting TheLadders.co.uk, secondo cui ben 4 selezionatori su 10 (37%) scelgono i candidati basandosi sul dress code. A dimostrare invece che i vestiti hanno il potere di condizionare la percezione di sé, secondo un meccanismo che si chiama “enclothed cognition”, ci hanno pensato due studiosi della Northwestern University, pensiero ripreso anche sulle pagine del The New York Times.
È quanto emerge da uno studio condotto da Espresso Communication, per Bigi Cravatte Milano, attraverso il monitoraggio di oltre 70 testate internazionali e il coinvolgimento di fashion blogger ed esperti di stile. «Quando ci si presenta a un colloquio di lavoro è fondamentale dare una buona impressione di sé al primo sguardo indossando vestiti appropriati e mostrando un aspetto curato. – spiega Stefano Bigi, amministratore unico di Bigi Cravatte Milano – Se la vastità del guardaroba femminile permette di creare infinite combinazioni, per gli uomini presentarsi al colloquio in giacca e cravatta si rivela spesso la scelta giusta, anche se non sempre è necessario. Tuttavia, qualora l’ambiente di lavoro o la posizione lo richieda, è fondamentale indossare una cravatta coerente con il proprio outfit e, soprattutto, di qualità. Infatti, se si decide di optare per la cravatta è importante che venga portata bene quindi sono vietati i nodi allentanti o troppo importanti e i tessuti stropicciati o macchiati».
E proprio l’attenzione al dettaglio è diventata infatti un fattore essenziale nel mondo del lavoro perché è nei particolari di ogni candidato che si celano gli indizi relativi all’ordine, all’accuratezza e all’affidabilità che ricercano i selezionatori. Importante è quindi informarsi adeguatamente sull’azienda presso la quale si intende svolgere il colloquio, individuando l’equilibrio giusto tra il look richiesto dall’ambiente di lavoro e il rispetto della propria personalità. Infatti, essere a proprio agio negli abiti indossati è fondamentale per la buona riuscita di un colloquio.
Lo assicurano due studiosi americani, Hajo Adam e Adam D. Galinsky della Kellogg School of Management presso la Northwestern University nell’Illinois, i quali hanno dimostrato che ciò che si indossa è in grado di influenzare il modo in cui una persona percepisce se stessa e, di conseguenza, come si pone davanti agli altri.
Lo studio, pubblicato anche sulle pagine del The New York Times, dimostra che i vestiti hanno il potere di condizionare i pensieri, secondo un meccanismo che si chiama “enclothed cognition”. I ricercatori hanno eseguito un esperimento, pubblicato su The Journal of Experimental Social Psychology, coinvolgendo una settantina di studenti ai quali è stato chiesto di svolgere dei test di attenzione selettiva indossando differenti tipologie di abiti da lavoro. Il risultato è che chi indossava un camice bianco da laboratorio durante la prova ha commesso la metà degli errori rispetto alla media degli altri a dimostrazione che più dell’abito in sé, conta il suo valore simbolico.
Abiti e accessori possono essere quindi considerati un’estensione della propria personalità, capaci di rispecchiare l’idea che ognuno ha di sé e influenzare l’autostima, l’umore e, di conseguenza, anche il comportamento. Come scegliere quindi l’outfit adatto all’ambiente di lavoro evitando di trasmettere disagio e incoerenza?
«Innanzitutto il colore è una componente estremamente importante per la scelta di abiti e accessori. – spiega Stefano Bigi – Nell’abbigliamento maschile il grigio e il blu sono un passepartout in queste situazioni ma per chi vuole dare un tocco di personalità al look mantenendo un registro formale è possibile abbinare accessori nelle diverse tonalità del blu, o nei colori bordò, marrone e verde. Per quanto riguarda materiali e fantasie, si può optare per una cravatta tinta unita o con piccoli disegni, prediligendo i classici colori scuri, per la candidatura a ricoprire una posizione di lavoro d’ufficio in un ambiente elegante e formale.
Spazio a cravatte sfoderata con orlo a mano, dallo stile più casual, o alla classica riga, in seta/lino per la stagione estiva, per ambienti più informali. Infine, per presentarsi ad un colloquio di lavoro per una posizione che implichi creatività e personalità suggerisco una cravatta più stretta. Il consiglio è sempre quello di non eccedere indossando colori sgargianti o accessori troppo stravaganti».
Marie-Loù Pesce, blogger di Fashion in the Moonlight, suggerisce invece qualche proposta di outfit femminile per non essere colti impreparati durante una job interview: «Per candidature nel settore finanziario, bancario, giuridico, o per qualsiasi altro lavoro d’ufficio, la scelta ideale è mantenere un look classico ed elegante. Niente gonne vaporose o pantaloni eccentrici ma soprattutto niente scollature profonde.
Per posizioni lavorative più informali propongo di abbinare i pantaloni a una giacca particolare o di indossare una shirtdress, completando il look con accessori divertenti. Infine, se la candidatura è per un posto da creativo sarà possibile prendersi un po’ più di libertà con il codice di abbigliamento. Per un outfit particolare e ricercato suggerisco di dare un tocco di personalità al look con un bel fiocco al collo, un maglione stampato o dei pantaloni stravaganti».
Tendenze confermate anche da uno studio realizzato dall’azienda di recruiting TheLadders.co.uk e pubblicato sul sito dell’Università britannica del Kent, dal quale è emerso che il 37% dei responsabili HR intervistati hanno ammesso di aver assunto candidati basandosi sul loro outfit. In particolare, il 36% ha ritenuto che l’abbinamento di colori e stili fosse un importante indicatore della personalità del candidato. Mentre il 75% ha valutato la coerenza degli abiti alla circostanza. Il 33%, infine, ha ritenuto importante la corrispondenza dello stile dell’aspirante alle politiche aziendali.
E i colori? L’arancione è considerato il colore peggiore da indossare per un colloquio di lavoro (95%), seguito dal rosso 84% e dal rosa 83%. Imperdonabili, infine, gli abiti stropicciati e macchiati per 59% dei dirigenti.
Per gli uomini sì a calzini neri 77%, scarpe in pelle nera 56%, abito su misura navy 51%, giacca e cravatta (50%), camicia a maniche lunghe bianca o blu 48% e gemelli 37%; no a chinos 50%, polo 66%, jeans 82%, t-shirt 88% e giacche di pelle 70%. Per le donne, invece, sì a collant 94%, tacchi alti 69%, gonna o a
bito nero a metà lunghezza 64%, perle 56%, camicia a maniche lunghe o camicetta 42%; no a gioielli pendenti 99%, spalline 97%, scollature profonde 95%, gambe nude 94%, scarpe sportive 91% e gonna corta 60%. Tra le violazioni più comuni al dress code aziendale, rilevate dalla società americana di consulenza aziendale OfficeTeam intervistando un panel di responsabili HR, sul podio ritroviamo un abbigliamento eccessivamente casual (47%), seguito da troppa pelle in mostra (32%).
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