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Lady Joy, il fagiolo buono che fa bene alla salute

Lady Joy, il fagiolo buono che fa bene alla salute

Gli scienziati hanno prodotto un fagiolo privo di composti antinutrizionali in modo da poter miscelare la sua farina per preparare biscotti e merendine molto nutrienti e gustose e a basso indice glicemico

Biscotti con farina di fagioli borlotti. Non manca molto e li troveremo sugli scaffali del supermercato. Una novità che, per una volta, non dipende dal marketing, ma da un nuovo modo di approcciarsi all’agricoltura. E.comunità ne ha parlato con Francesca Sparvoli, ricercatrice dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria Dipartimento di Scienze Bio-Agroalimentari del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che di questo progetto è la principale referente.

«La creazione di un fagiolo lectina free, insieme alla ripresa di alcune coltivazioni di leguminose abbandonate da tempo, dà una risposta concreta ad alcune urgenze alimentari e ambientali. – spiega la ricercatrice – È una soluzione al richiamo della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) che chiede di implementare la coltivazione di legumi, con un minor impiego di concimi e, dunque, più sostenibile.

Risponde alla necessità di rendere disponibili prodotti più nutrienti: il fagiolo è un legume e come tale molto ricco di proteine e con un indice glicemico basso; contiene un numero maggiore di minerali, ferro zinco e calcio; ha un alto potere nutrizionale.

Pertanto, l’integrazione con altre farine è funzionale alla realizzazione di un’ampia gamma di prodotti più nutrienti e salutari. Inoltre, risponde anche ad un’altra pressante esigenza di ordine ambientale, ovvero preservare e migliorare la qualità dei suoli che si rigenerano grazie alla rotazione delle colture: i campi coltivati a monocoltura dopo qualche tempo si impoveriscono e la produzione diminuisce, peggiora la qualità e il suolo diviene sempre più inerte».

Che cosa significa lectina free? I fagioli contengono lectina, un fattore antinutrizionale, una proteina che intossica l’intestino arrivando a simulare il danno intestinale prodotto dalla celiachia. Inoltre, contrasta l’assorbimento dei nutrienti. E sappiamo che la lectina si disattiva solo dopo una cottura prolungata. «Certo la farina di fagioli allo stato naturale non può essere miscelata con altre farine se non previa cottura, ma questo aumenta i costi e impoverisce la farina stessa», spiega Francesca Sparvoli.

Gli scienziati del CNR hanno così prodotto un fagiolo privo della proteina antinutrizionale in modo da poter miscelare la sua farina senza precottura con altre farine per produrre, ad esempio, biscotti e merendine. I risultati finora ottenuti sono entusiasmanti: oltre che nutrienti i prodotti sono molto gustosi.

E.comunità è andata a cercare “Lady Joy”, questa speciale tipologia di fagiolo, nell’azienda agricola “La Cirenaica” che lavora con il CNR in questa sperimentazione. «Da qualche tempo stiamo coltivando il nuovo esemplare, ma prima che entri in commercio occorre tempo. – racconta il proprietario Sandro Passerini – Abbiamo cominciato una piccola coltivazione per ottenere semi sufficienti alla coltivazione su larga scala. Dieci semi per ottenere almeno sette piantine e sette piantine da cui ricavare almeno centoquaranta semi».

La natura vuole il suo tempo. Un monito utile per tutti noi che viviamo in un tempo veloce ignorando i ritmi naturali. «Le terre del Parco del Ticino sono vergini per i legumi e perciò ideali. – continua l’imprenditore – Lady Joy si appresta a diventare un ottimo prodotto a cottura breve, a elevata disponibilità nutrizionale e con la sua farina ha tanti sbocchi nell’industria alimentare».

La Cirenaica è un’azienda del Parco del Ticino che, insieme con molte altre, è all’avanguardia nella ricerca di prodotti di qualità sempre più alta. In questi anni ha ripreso la coltivazione di alcuni legumi di cui si è persa la memoria, ma che in queste zone erano diffuse: il sorgo (cereale del tutto privo di glutine), il lupino (legume nutriente ed energetico), il favino (utilissimo per il sovescio).

Coltivazioni queste che proteggono il suolo e arricchiscono a basso costo l’alimentazione umana e quella animale. Queste colture sono state abbandonate negli anni Cinquanta per far posto al mais una coltura redditizia, molto nutriente ma che abbisogna di tanta acqua.

«Oggi che non abbiamo più problemi di nutrizione come nel dopoguerra non ci serve più un’agricoltura intensiva e, quindi, possiamo dedicarci a reintrodurre coltivazioni abbandonate che aumentano la biodiversità, la ricchezza ambientale», aggiunge Passerini.

Quel che si intravede all’orizzonte è un ribaltamento di prospettiva nel rapporto azienda agricola – industria. Oggi è l’agricoltura che può dettare al mercato la direzione selezionando prodotti di alta qualità e gradevoli al gusto da offrire all’industria, la quale avrà il compito di trovare le strade per farlo arrivare sulle tavole dei consumatori.

«Seguire il mercato spesso è stato un errore. – conclude l’agricoltore – Negli anni Cinquanta le vacche mangiavano per lo più foraggio verde ed erba medica, prodotti ricchi di beta carotenoidi come la vitamina E. Naturalmente il latte e il burro assumevano una colorazione che tendeva al giallo, poiché in quegli anni il giallo veniva identificato con il colore del grasso, il mercato ottenne di mutare l’alimentazione delle vacche con risultati nutrizionali molto inferiori».

Il discorso sui danni portati da alcune scelte di marketing ci porterebbe molto lontano, E.comunità lo affronterà a tempo debito con esperti della nutrizione, ai quali sarà chiesto perché in una società opulenta la capacità di nutrirsi con equilibrio va scemando e perché obesità e malnutrizione sono due facce della stessa medaglia.

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