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Fusar Poli, da Busto Garolfo ai Mondiali di ciclismo

Fusar Poli, da Busto Garolfo ai Mondiali di ciclismo

Marino Fusar Poli è un meccanico delle bici della Nazionale di ciclismo da molti anni. Di questo sport racconta alcuni aneddoti, di Nibali e non solo

Ai prossimi mondiali di ciclismo femminile ci sarà anche Marino Fusar Poli. Il meccanico delle bici di Busto Garolfo (Milano), dove è nato, vive e lavora da più di quarant’anni, conosciuto e apprezzato, farà parte del team azzurro che sarà alla linea di partenza a Innsbruck dal 23 al 30 settembre.

Una vita nel ciclismo
Marino Fusar Poli è un nome famoso nel ciclismo nazionale: da giovane, nei dilettanti, ha vinto corse importanti come la Targa d’oro città di Legnano, nel 1970, la Coppa d’Inverno, nel 1971, e la Milano-Bologna l’anno successivo. Ha corso con alcuni personaggi leggendari di questo sport, uno tra tutti Gianbattista “GB” Baronchelli.

Appese le scarpette al chiodo, nel 1975 ha avviato la sua carriera di meccanico ciclista nella sua città, entrando l’anno successivo nel team della Nazionale e divenendo un punto di riferimento per gli appassionati di questo «sport duro», come sottolinea lui, che però dimostra di amare ancora oggi, a 69 anni. È il presidente della Società Ciclistica Busto Garolfo e gestisce l’attività del velodromo cittadino, seguendo con particolare attenzione i giovani.

Prima dell’appuntamento austriaco, quest’anno ha seguito la Nazionale ai Mondiali di ciclismo su pista ad Apeldoorn, in Olanda, e gli Europei su strada a Glasgow, in Scozia, che ha visto trionfare l’azzurra Marta Bastianelli. Non solo: ha seguito anche la fortunata spedizione italiana agli Europei Juniores e Under 23 di ciclismo su pista, in Svizzera.

Ai Mondiali, la compagine femminile nazionale parte da favorita? «Quest’anno sono le olandesi le favorite. Però non si sa mai», risponde il meccanico che ci consiglia di seguire Elisa Longo Borghini, la più qualificata per un possibile, ulteriore, trionfo italiano. Sì, perché il ciclismo rosa sta mietendo da tempo diversi successi, ricordando le diverse medaglie conquistate già solo quest’anno proprio in Svizzera, ben 13 tra juniores e Under 23.

«Peccato che la struttura di Montichiari sia chiusa», segnala accennando alla chiusura dell’unico velodromo coperto d’Italia. Ma ciò non toglie che il movimento ciclistico italiano, specie quello femminile ma in generale quello giovanile, sia più vivo che mai.
Approfittiamo della visita al meccanico direttamente nel suo negozio per fargli qualche domanda su questo sport che ha molti seguaci, sostenitori e praticanti amatoriali, e non solo, nel Belpaese. Lui risponde, mentre con gli attrezzi del mestiere ripara una bici da corsa, una delle tante che ha “rimesso in salute”.

Le cicliste azzurre come se la cavano quanto a perizia meccanica?
«Le atlete italiane di ciclismo sono davvero brave anche sotto l’aspetto della conoscenza del mezzo. Sono molto competenti e – devo ammettere – anche più dei maschi».

Per quanto riguarda invece il ciclismo maschile, come reputa il momento che sta vivendo, specie in vista dei prossimi Mondiali di ciclismo che vedrà impegnati Nibali e compagni il prossimo 30 settembre?
«A livello giovanile siamo molto forti, sia a livello Juniores e dilettanti. A livello professionistico le speranze sono tutte per Vincenzo Nibali e Fabio Aru, ma sarà difficile pensare di vincere, per la condizione in cui ci arrivano i due campioni. Nibali, dopo la caduta al Tour, sembra però si stia riprendendo; per Aru non è stato una grande stagione, però quando meno te l’aspetti riesce a farci una gradita sorpresa. In ogni caso altri sono in gran forma, per esempio vedo bene Gianni Moscon».

Nella sua carriera da meccanico, quali ricordi serba?
«Sono davvero tanti. Ricordo con particolare soddisfazione quelli che ho seguito quale meccanico della Nazionale Dilettanti e che poi si sono confermati ad altissimi livelli nei professionisti, come Nibali e Giovanni Visconti, oggi suo compagno di squadra alla Bahrain-Merida».

Dello Squalo in particolare cosa può dire?
«Nibali è un fuoriclasse, ma è anche molto attento e competente a livello meccanico. Sin da giovane lo era. Oltretutto, da meccanico della Nazionale Dilettanti, l’ho potuto conoscere e apprezzare. Era preciso e discreto: se vedeva che i meccanici erano competenti non discuteva i loro interventi. E poi è una persona molto alla mano, buona, modesta così come è sempre stato molto serio come atleta, caparbio».

In veste di presidente della SC Busto Garolfo, il 2018 è stato un anno di soddisfazioni?
«Direi proprio di sì. Abbiamo avuto la fortuna di avere il campione italiano Esordienti 2° Anno, Dario Igor Belletta e Aurora Mantovani che si è laureata campionessa italiana della Corsa a punti Donne Allieve su pista».

Il ciclismo in Italia è uno sport valorizzato o penalizzato?
«È uno sport difficile, il ciclismo, cui non si avvicinano molti giovani perché implica sacrifici, tempo da dedicare, si svolge su strada e sappiamo tutti i problemi di sicurezza che si vivono. In ogni caso se c’è la passione, la scintilla poi scocca».

Nell’Altomilanese, oltre ai giovani Belletta e Mantovani, c’è qualche ciclista che è più di una promessa?
«Sicuramente Matteo Moschetti, di Robecco sul Naviglio (dal 2019 farà parte della Trek-Segafredo al World Tour), che ha fatto parte della nostra squadra per quattro anni, e il magentino Giacomo Garavaglia (team Petroli Firenze Hopplà Maserati, squadra italiana di ciclismo su strada categoria Elite / Under23)».

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